Presentazione dell’editore

Carlo Di Lieto è uno studioso che non ha bisogno di alcuna presentazione. Tuttavia, poiché da circa due lustri egli dirige la collana Letteratura & Psicoanalisi per i caratteri della Genesi Editrice, è una devota soddisfazione personale dell’editore testimoniare l’opera dell’illustre Amico e presentare il progetto di complesso valore scientifico, sviluppato in questo ultimo vasto e approfondito lavoro, che certamente rappresenta un investimento di risorse e di studio unico e primario nel difficile periodo di attività editoriale nel nostro Paese.
Il libro si avvale della prefazione di un caro amico e massimo poeta italiano e critico letterario, nonché studioso di letteratura e professore emerito di università, Tomaso Kemeny, il quale sottolinea come il “Professore Carlo Di Lieto nella sua vasta indagine sui rapporti tra scrittura, vita e storia, si avvale di innumerevoli riferimenti culturali per attuare quella originale pratica ermeneutica che oserei definire psicanalisi esistenzial-storica”.
Va ricordato che nell’ultimo ventennio di studi Carlo Di Lieto ha sviluppato in ampiezza e in profondità l’endiadi letteratura e psicoanalisi come elementi complementari e fondanti della critica letteraria sensibile non solo all’illustrazione di contenuto e di stile, ma anche dei processi di manifestazione dell’inconscio dell’autore all’interno dell’opera scritta. Siamo di fronte allo studio interpretativo degli autori, descritti dal critico con una rappresentazione che potremo definire tridimensionale, perché è realizzata non solo nelle due misure previste dalla tradizione letteraria, le tematiche e le forme del dire, ma anche – e diciamo pure specialmente – nei “contenuti psichici rimossi e censurati dalla vigile coscienza dello scrittore”. Conosciamo benissimo quelle applicazioni figurative effettuate sulle opere pittoriche dei grandi maestri grazie alle quali si può ammirare la Gioconda di Leonardo da Vinci in visione di profilo o addirittura di spalle, tramite la sapiente opera proiettiva di ricostruzione dei particolari che il pittore non ha dipinto, ma che sono l’assoluta e necessaria proiezione degli elementi pittorici che appaiono nella visione diretta.
Carlo Di Lieto ha impostato il suo studio dell’inconscio “attraverso la trasversalità dell’esegesi psicoanalitica freudiana e la lezione di Ignacio Matte Blanco”. Tuttavia va detto che ogni suo libro si avvale di un saggio introduttivo teorico in cui lo Studioso elabora il perfezionamento dell’indagine psicoanalitica aggiornandola ai più recenti studi e ampliandola ai nuovi campi di interesse. Anche questo libro contiene un vasto saggio di rendiconto sulla teoria della psicoanalisi che si chiama “L’io diviso e la radialità dell’immaginario”. Il saggio è scandito in tre parti, di cui la prima rappresenta il fondamento dell’analisi freudiana. La seconda parte documenta i nuovi approdi toccati dalla ricerca contemporanea e raggiunge la sua acme nell’affermazione centrale che “La coscienza profonda di uno scrittore si manifesta solamente nelle sue opere, e la vera vita, «la sola veramente vissuta», è quella che egli vive nella scrittura. L’azione di un io, riscritto e rivissuto, va investito in un mondo altro, in un universo immaginario, che ha un senso ulteriore, nell’ascesi dell’opera, per non tradire il disincanto, la disperazione e il non senso. Anche la memoria viene riconosciuta come una facoltà creativa, che implica dislocazioni temporali inconsce, comunicazione transitiva e incomunicabilità”. La terza parte del saggio ragguaglia sullo stato dei lavori d’attualità e fornisce un riepilogo dei più importanti autori cui fare riferimento, alla luce del criterio informatico generale collocato all’inizio di quest’ultima terza parte, consistente nell’affermazione che “Nella riflessione contemporanea sono gli epistemologi che proseguono il lavoro freudiano, con le ipotesi relative al pensiero ipercomplesso. Anche le neuroscienze, in questo decennio, non risparmiano le loro indagini per il disvelamento dell’inconscio”.
L’opera è suddivisa in tre corpi o Capitoli fondamentali, i quali contengono la maggiore parte degli studi compiuti dal Professore negli anni più recenti del suo monumentale lavoro di ricerca e documentazione. Il Capitolo I si chiama “Sogni e desideri dell’altrove”, e a sua volta è composto da quattro ampi saggi. Il primo di essi è “Vita Sackville-West e Virginia Woolf: una liaison dangereuse”, che rappresenta probabilmente lo studio più completo, approfondito e bibliograficamente documentato del rapporto saffico ipercomplesso tra le due scrittrici inglesi, con stupende ricostruzioni dell’inconscio elaborate specialmente dai romanzi della Woolf come Orlando, La Signora Dallowoy e Gita al faro. Il secondo saggio è dedicato a uno degli autori prediletti da Carlo Di Lieto e si chiama “I vecchi e i giovani: Pirandello tra psicostoria e letteratura”. Nel saggio Di Lieto esamina la ricostruzione psicostorica che lo scrittore agrigentino espo­ne nel romanzo dei Fasci siciliani del 1893, con la totale crisi delle ideologie e il sentimento incombente dello scontato fallimento del Risorgimento. Il terzo saggio è ancora dedicato a Luigi Pirandello, precisamente “Il «pensare per immagini» nella pittura di Luigi Pirandello”. Appare centrale l’affermazione di Carlo Di Lieto “Pirandello nella raffigurazione visiva vive l’opera d’arte, in un connubio indissolubile di vita-non vissuta, attraverso quel fugace istante della folgorazione, così breve da essere quasi senza tempo, in cui l’artista si identifica con il suo oggetto estetico e, pur toccandolo materialmente, ha libero accesso al regno delle sensazioni immaginarie, dove nulla può accadere, tranne che la traslazione della psiche si avvicini all’armonia perduta e al tanto agognato illimite di uno scenario onirico”. Il quarto e ultimo saggio del Capitolo I si chiama “Alberto Moravia – Elsa Morante: un sodalizio problematico”, in cui, con dovizia di citazioni e di testimonianze dei due amici della coppia, si ricostruisce la mappa biografica, letteraria e psicoanalitica di un rapporto davvero difficile. Valga l’illuminante punto centrale di argomentazione di Carlo Di Lieto, in cui sostiene che “La loro storia è vissuta sulla falsariga dei loro personaggi, discutibile e problematica, incerta e ambigua; entrambi ostentano sicurezza, ma nascondono una grande vulnerabilità psicologica nei loro pensieri segreti. Elsa sa di non poter rinunciare ad Alberto, ma in loro c’è una conflittualità permanente e un’inquietudine lacerante e immedicabile; emer­ge dalle loro dichiarazioni la cronistoria di un’affettività tormentata e di un’inspiegabile, folle gelosia; ciò che li tiene uniti è la loro ambizione letteraria ed è questo il legame imperituro che non si rescinderà mai”.
Il Capitolo II si chiama “Le perversioni dell’altrove e la logica simmetrica”, e contiene tre ampi saggi. Il primo si intitola “L’estetica dell’orrore, «Le disgrazie della virtù» e il gene del Male: de Sade, Masoch e Bram Stocker”. Nel saggio ovviamente de Sade e Masoch sono inscindibilmente accoppiati nella stessa categoria di sadomasochismo, che ha finito per inaugurare una fortunata stagione letteraria celebrata dal surrealismo e successivamente dall’esistenzialismo, oltre che profondamente studiata dalla psicoanalisi. La figura di de Sade è ampiamente testimoniata e documentata. Per quanto attiene Leopold von Sacher-Masoch, autore se vogliamo meno frequentato del Marchese e Conte, Signore di Saumane, Carlo Di Lieto ne illustra bene la personalità, asserendo che “Sotto il segno della sudditanza più bieca all’ideale femminile, la sua scrittura ospita attrici di provincia, donne frustrate, giovani ammiratrici, in cerca di avventure amorose: «Sia principessa o contadina, sia che indossi l’ermellino o il mantello foderato di pelo d’agnello, sempre questa donna con la pelliccia e la frusta, che rende l’uomo suo schiavo, è una mia creatura», scrive Sacher-Masoch in un ricordo d’infanzia, motivando le ragioni della sua ossessione artistica”. Per quanto attiene, invece, il terzo “gene del Ma­le”, cioè l’insuperabile inventore della categoria dell’horror, ossia lo scrittore irlandese Bram Stoker, inventore del personaggio di Dracula, Di Lieto osserva che “Il vampirismo si associa al satanismo perché essi hanno in comune le medesime dinamiche schizomorfiche e gli stessi disturbi psico-patologici della possessione demoniaca”. Il secondo saggio si intitola “Sidonie-Gabrielle Colette: amore saffico, adulterio e trasgressività di un’ingenua libertina” ed è una stupenda ricostruzione del personaggio ribelle e allo stesso tempo ossequioso di questa donna incantatrice al punto di divenire un mito del mondo moderno. Tra le altre osservazioni, scrive Carlo Di Lieto una pagina mirabile in cui afferma «Il capovolgimento della perversione in sublimazione, attraverso il gusto estetico della scrittura, occupa lo spazio immaginario della creatività visionaria di Colette. La bisessualità, rivendicata da Colette, svela una dissociazione dell’io tra identità maschile e quella femminile, associata all’estasi dell’io come fatto compensativo dell’io diviso. È stato possibile compensare questi squilibri con la scelta di una solitudine essenziale, senza alcuna dipendenza omosessuale o incestuosa, metabolizzando la capacità d’illusione dell’estasi creativa. Colette, pur frequentando senza problemi gli adepti di Sodoma, decolpevolizza la perversione con l’oggetto d’amore intercambiabile e da Claudine a Parigi (1901) fino al Puro e l’impuro (1932), conosce gli studi sulla Psycopatia sexualis (1899) di Krafft-Ebing e di Freud, che, agli inizi del secolo, stava dando una svolta fondamentale agli studi del profondo con L’interpretazione dei sogni (1899). L’iniziazione al godimento altro propone il fantasma incestuoso come autoanalisi e l’omosessualità come «orgasmo dell’io». La malinconia, che traspare dal piacere trasgressivo della scrittura di Colette, è notevole, quando è palese il dramma della disidentità e la separazione dalla madre. L’autrice è riuscita ad allontanare la pulsione di morte con il suo sdoppiamento creativo e a direzionare un’apparente serenità riconquistata». Il quarto e ultimo saggio si intitola “Sogni e desideri dell’altrove nella letteratura dell’emigrazione”, dedicato al romanzo Il Dio di New York, di Luigi Fontanella, studioso e scrittore legato da lunga amicizia verso il Professore, che di lui scrive “Fontanella condivide con il personaggio del suo romanzo la stessa avventura di vita e, in questa sorta di identificazione proiettiva, ha accolto «in sé tanti germi della vita, e non può mai dire come e perché, a un certo momento, uno di questi germi vitali gli si inserisca nella fantasia per divenire anch’esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza quotidiana»”.
Il Capitolo III si chiama “L’illimite e il sovrannaturale” e propone tre saggi. Il primo si intitola “Maledettismo e bisessualità in Paul Verlaine”. Di Lieto studia la bisessualità dell’autore di “Les poètes maudits” con principale riferimento ai rapporti affettivi intercorrenti tra lui e la moglie Mathilde Mauté nonché con il giovane amico e amante Arthur Rimbaud. Per tutta la sua contrastata esistenza Verlaine tenterà di recuperare il rapporto con la moglie, ma, come afferma Di Lieto, «Il riavvicinamento coniugale non avverrà mai; l’imago materna era per il poeta nell’immagine dolce e affettuosa di Mathilde, ma, nonostante tutto, il suo cuore tormentato e colmo di passione era completamente soggiogato dall’autore di Le bateau ivre. Aveva introiettato, attraverso un processo di immedesimazione, la realtà dell’altro, che sconfina nell’amor fati di un eros devastante e di una funesta fatalità. ‘Le affinità elettive’ dei due poeti erano veramente esigue; due individui dalle opposte personalità: un cinico efèbo dall’irruenza selvaggia, molto cerebrale, da un lato, e, dall’altro, un personaggio più anziano di dieci anni, dal carattere visibilmente effeminato, sentimentale ed emotivo e perennemente indeciso. Aggressività e mitezza, perdizione e remissività connotano il temperamento di Verlaine: umbratile e scontroso, con tutte le caratteristiche del nevrotico, segnato da una passione proibita ed esclusiva». Il secondo saggio è dedicato a uno degli autori centrali degli studi Di Carlo Di Lieto e si intitola “Pirandello poeta. Angelismo e doppio nella poesia di Luigi Pirandello”. Troppo sovente si tende a dimenticare che Luigi Pirandello è un raffinato e sensibile poeta. Sostiene Di Lieto che «la poesia pirandelliana è il diario in versi della crisi dell’intellettuale tra Otto e Novecento, una cartina di tornasole della sensibilità romantica e una proiezione del modello carducciano, di Graf, di Leopardi e della lezione pascoliana. Del 1889 è il volume in versi: Mal giocondo, titolo desunto da un emistichio delle Stanze del Poliziano, denso di motivi di satira politica e di costume e ravvivato da un’inquieta passione per il dolore umano. È questo un universo in espansione, dove si coglie già l’amaro disagio della vita e il sentimento del contrario, nelle ragioni profonde della personalità pirandelliana e nei suoi diversi alter ego». L’ultimo saggio del Capitolo III è dedicato a uno dei maggiori poeti italiani attualmente in opera, nonché amico personale del Professore: si tratta dello studio intitolato “La seduzione dell’altrove nella Quinta dimensione di Corrado Calabrò”. Come ben si sa, il volume Quinta dimensione è una selezione antologica d’autore che offre la chiave interpretativa della sessantennale attività di scrittura del Poeta nativo di Reggio Calabria e romano di adozione. I punti cardinali della sua poesia sono rappresentati dal mare, l’astrofisica e l’amore, riunificati in un dettato espositivo che è tanto innovativo e sperimentale, quanto è sensibile a valorizzare la tradizione del passato. Già Carlo Bo nel 1992 aveva annotato che Calabrò “ha cantato non il suo mare, ma piuttosto l’idea di un mare eterno e insondabile”. Nel suo saggio Carlo Di Lieto osserva che “siamo oltre i limiti dell’infinito, tra poesia e scienza; ne ‘il dispiegamento dell’altrove’, così sapientemente analizzato nella monografia di Fabia Baldi, L’altrove nella poetica di Corrado Calabrò, 2019, riscontriamo un contributo critico di fondamentale importanza, nel vasto panorama esegetico di questo grande poeta contemporaneo; in questa illuminante monografia viene indagato il nucleo fondativo della poetica di Calabrò e messa a punto quella straordinaria definizione della poesia, data dal poeta stesso: «La poesia cerca di dire in modo indiretto, allusivo, ma non finto, quello che attinge all’inesplicabile voce dell’inconscio, per aiutarci così a disvelare la suggestione dell’essere, dell’altro noi stessi, che è in noi. È un tentativo di trait d’union tra l’esistere e l’essere».
Il libro è completato da una Appendice contenente l’aggiornamento degli studi su Giacomo Leopardi, riuniti nel saggio che viene presentato col titolo “I nuovi credenti e l’ultima dimora di Giacomo Leopardi”. Al riguardo, giova ricordare che Carlo Di Lieto è uno dei massimi studiosi italiani del grande Recanatese, in particolare modo del soggiorno napoletano, avendo pubblicato l’ampio e documentatissimo studio Leopardi e il “mal di Napoli”, Genesi Editrice, Torino, 2014. Tra le tante testimonianze che il Professore ricostruisce, tocca in modo particolare quella concernente le ultime parole pronunciate dal Poeta, che è opportuno citare per intero: «Alla casa di Vico del Pero n. 2, al II piano, si accede da un portoncino, salendo per una scaletta in marmo: è una casa spaziosa e luminosa che dà sulla strada di S. Teresa degli Scalzi. Due balconi prospicienti sulla strada sono quelli da cui Leopardi si affacciava abitualmente, per respirare aria salubre e godersi il panorama degli orti circostanti. Due finestre all’interno, di cui una era quella della camera da letto, dove Leopardi esalò l’ultimo respiro e pronunciò, secondo Ranieri, le ultime parole, in punto di morte, il 14 Giugno 1837: «Addio, Totonno, non veggo più luce». «Totonno» avvicina le labbra a quelle dell’amico, «già fredde», scriverà a Fanny Targioni Tozzetti, il 1 Luglio 1837, «non risposero più a’ miei baci». Giacomo era morto».
Conclude il libro di Carlo Di Lieto l’ampia, meditata e illuminante postfazione dello scrittore e critico letterario Ugo Piscopo, che tra l’altro osserva «Di Lieto procede a scrivere un altro trattato in full immersion nel mare del recupero della storia e della cultura sulla Letteratura e Immaginario, “Seduzione e incantesimo dell’altrove”, per godere, sul filo dei disoccultamenti e delle rivelazioni, una bellezza e dei veri segreti che finora restavano da portare alla luce del sole e alla sensibilità del nostro tempo».
Il libro è corredato dalla più completa e aggiornata bibliografia di letteratura e psicoanalisi inerente agli studi già indicati, che reca un apporto di 276 opere consultate e consigliate come riferimento.
La parte grafica comprende la riproduzione di una trentina di quadri, fotografie e documenti, inerenti ai personaggi, ai fatti e agli ambienti storici trattati.
L’indice dei nomi permette facilmente di ritrovare oltre 1.200 scrittori nominati nei saggi esposti.

Sandro Gros-Pietro

Prefazione

Il professor Carlo Di Lieto nella sua vasta indagine sui rapporti tra scrittura, vita e storia, si avvale di innumerevoli riferimenti culturali per attuare quella originale pratica ermeneutica che oserei definire psicanalisi esistenzial-storica.
Così è la forza d’attrazione fatale a collegare Virginia Woolf a Vita Sackville-West e conferire maggiore intensità alla sua scrittura.
È invece “la parola dipinta” a illuminare i misteri della condizione umana in I vecchi e i giovani (1909-1914) di Luigi Pirandello.
Come specchio di una società in evoluzione fungono le divergenze di Alberto Moravia e Elsa Morante, il cui sodalizio venne rafforzato dalla comune passione per la scrittura.
I labirinti del male e l’immersione negli abissi dell’eros vengono diversamente motivati in de Sade, Masoch e Bram Stoker.
Dopo l’analisi della radice erotica del desiderio del sangue, l’autore ci accompagna per i labirinti dell’anticonformismo amoroso e narrativo di S.D. Colette.
Il fenomeno socio-storico e antropologico dell’emigrazione nella prima decade del Novecento viene illuminato attraverso Il dio di New York di Luigi Fontanella.
L’alternarsi di ondate sentimentali a improvvisi episodi di espansioni sessuali, nella vita di Paul Verlaine, viene motivato alla sua appartenenza alla “fase magica dell’infanzia”, alla sua dipendenza dell’immagine materna. I suoi versi, onirico-visionari, risultano sempre autobiografici. Il suo canto di “poeta maledetto” viene spesso velato da una nostalgica malinconia.
Nella scrittura di Luigi Pirandello , l’autore scopre come l’“io” tenda a debordare in un “altro da sé” illimitato.
Nella “magica” poesia di Corrado Calabrò l’autore enuclea interessanti risultati derivanti dal metodo delle associazioni che indirizzano “oltre” i limiti temporali. Del resto la silloge Quinta dimensione-poesie scelte (1958-2018) conferma l’ipotesi di una dimensione temporale altra nella scrittura del poeta.

Tomaso Kemeny dicembre 2020

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Scrivi per primo la recensione per “Letteratura e Immaginario”

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati