PREFAZIONE

Chi scrive è convinto che in Rossano Onano vi sia la superba neutralità dell’agiografo, il quale dà conto al di sopra delle parti di ciò che è avvenuto o che avverrà in futuro, avvalendosi della vita dei santi per tessere l’affabulazione della storia del mondo. Onano, in realtà, non si interessa di santi, ma di poeti e dei loro affini. Però, il risultato non cambia granché: si rimane ammirati ad ascoltare la favola di un’altra letteratura, che egli ci dipana e lo fa in modo tuttaffatto diverso da quello che siamo orientati a ricevere. Infatti, dal critico letterario ci si attende la consueta collocazione dell’autore e dell’opera, cioè quell’inserimento sia dell’autore sia del testo, con tanto di coordinate e di codice, all’interno della tradizionale storia della letteratura, con precise indicazioni di misura, del tipo: un poco più a sinistra del realismo; un poco più a sud del simbolismo, più accelerato rispetto al crepuscolarismo, ma più frenato rispetto all’avanguardismo, con quella tonalità di verismo che sfuma in orfismo consapevole, e via di seguito, con tante altre corbellerie similari o formule vuote da posteggiatore professionista o da bibliotecario ispirato, che parcheggia il nuovo veicolo sopraggiunto in un angolo di strada ovvero che sacralmente depone il prezioso incunabolo nello scaffale centrale e lo richiude sotto chiave. Ebbene, nulla di tutto ciò. Onano si accosta al libro quasi per caso, fingendo di trovarselo inopinatamente aperto dinnanzi agli occhi e di averci scorto dentro di primo acchito proprio quelle frasi, quella confessione mascherata, quell’ammissione sussurrata, che fino dall’inizio egli aveva capito essere il segreto profondo dell’autore, il segreto che lo scrittore si trascina appresso come carapace impenetrabile per tutti, ma non per lui, che vi scorge il sigillo dell’anima della tartaruga proiettata a fior di pelle in una esibizione di sé che a tutti potrebbe essere accessibile se solo disponessero di tal fatale e felice colpo d’occhio che, invece, appartiene solo a lui. La metafora più opportuna sarebbe quella dell’investigatore di polizia, per l’esattezza dell’implacabile tenente Colombo, che alla fine della puntata stringe il colpevole alle corde e lo smaschera. Allora quello, ridotto ormai allo straccio di sé, sussurra con un filo di voce: “Quando ha capito che ero io?”. La risposta è l’illuminata agnizione del vero: “Fino dal primo momento che ci siamo incontrati”. Non si dispiaccia il lettore della piega un poco satirica che sta assumendo il discorso, perché va detto che il caricamento dell’ironia e l’accentuazione antifrastica del discorso sono due componenti sempre presenti in Onano. Sostiene Jung che il principio dinamico della fantasia è il gioco, e poiché la letteratura è quasi unicamente fantasia come una medusa è quasi unicamente acqua, allora il gioco è il principio dinamico di ogni scrittura d’artista, come Onano perfettamente sa e come si diletta ad applicare e a dimostrare nella sua anamnesi critica. Se la chiamiamo anamnesi, anziché investigazione già ci discostiamo dall’impermeabile sdrucito del tenente Colombo e ci avviciniamo, con maggiore beneficio, al camice inamidato di Jung, tanto è vero che è bene non scordare che Onano, fra l’altro, è medico e psicoterapeuta di professione. Ma l’ironia appena trattenuta si libera di nuovo già nella formulazione del titolo, Il respiro di Cesare, che l’autore, nelle pagine interne del libro, ci spiega discendere da tale misterioso H.C. von Baeyer — di cui lo scrivente non è riuscito a reperire traccia neppure nelle più attrezzate enciclopedie, le quali tentano di confonderci spacciandoci per quello il nobel della chimica Whilelm Adolf von Baeyer, scopritore della sintesi dell’indaco e di altre emendevolissime eccellenze alchemiche, che gli procurarono quattrini e gloria, tanta sì, ma neppure paragonabile rispetto a quella del suo quasi omonimo (e latitante alla cultura ufficiale) mister H.C., il quale per primo formulò il teorema dell’ultimo respiro di Cesare. Spirando, Giulio Cesare emise un refolo d’aria polmonare che, calcoli stechiometrici alla mano, essendosi nei due millenni equamente diffuso per tutto l’aere dell’azzurro pianeta, oggi ritroviamo nella proporzione di una molecola per boccata inalata in qualsiasi ambiente terrestre: fossimo nella depressione caspia o sulla vetta tibetana, la molecola del divino Cesare sempre una è, ad ogni nostro respiro. Va reso atto ad Onano che poche trovate sono nel contempo così scientifiche e così irrazionali, così incontestabili e così scombiccherate, in una parola ci troviamo di fronte ad una iperironia, che anziché mettere in imbarazzo il saggio ed il filosofo, finisce per divenire un utile strumento di lavoro, come lo furono i paradossi per i sofisti. Il respiro di cesare — questa volta lo scriveremo con la minuscola, come fosse l’indicazione di una panacea o di un decotto, lasciando definitivamente in pace, al loro destino di corruzione e di risorgenza, le molecole gassose dell’imperatore — è metafora di verità nascosta, di storia sotterranea, di scaturigine primordiale, di fiato diffuso o di pneuma, soffio dell’anima che tutti unisce ed accomuna in un solo cosmico palpito vitale. C’è sempre una soglia mitologica nel ragionamento di Onano, che è sensibile alle figure simbolo, agli arché, all’organizzazione dell’esperienza per grandi categorie di orientamento. L’incontro con gli autori e con le loro opere viene presentato seguendo il meccanismo della diagnosi, cioè del riconoscimento dell’individuo singolo all’interno di un comportamento antropologico bene descritto, grazie all’individuazione di alcuni segni ritenuti caratteristici del modello comportamentale assunto. Il libro ci offre con garbo affascinanti chiavi di letture nuove di autori contemporanei già molto noti, come Giorgio Bárberi Squarotti, Mariella Bettarini, Liana de Luca, Mariella De Santis, Maria Grazia Lenisa, Dante Maffia, Gabriella Maleti, Veniero Scarselli. Altre volte l’interesse dello studioso è attratto da situazioni di sicuro valore, ma non ancora consolidate né memorizzate nella conoscenza allargata del pubblico della poesia, come accade per Francesco Mandrino e Carlo Maria Milazzo, autori per ora riconducibili all’area di intervento e di proposte delineata daTracce. Ma vi è sicuramente qualcosa che va molto oltre gli intenti puramente letterari di proporre una lettura anche psicologica di autori che posseggono una chiara ed inconfutabile autonomia e consapevolezza poetica. Infatti, il libro contiene almeno due casi di studio clinico ovvero di lavoro letterario condotto in stretta coabitazione con la tecnica clinica, e che a suo tempo hanno trovato accoglienza in una rivista di psichiatria professionale. Sono lavori che conducono a quella zona di frontiera della scrittura nella quale si sovrappongono due diversi insiemi sistemici, tra loro distinti: la letteratura e la psicanalisi. Corre obbligo evocare il caso storico e mai risolto, dal quale discendono tutti gli psicologi: Freud, è prima scrittore o prima scienziato? Ovviamente, non è l’unico caso in cui sorge il dilemma: è sufficiente pensare a Galileo Galilei per capire che queste aree di sovrapposizione tra letteratura e scienza sono ricorrenti nella storia della cultura umana, sia ad Occidente sia ad Oriente. Rossano Onano è un consapevole ed attrezzato esploratore di queste immense aree di sovrapposizione della scrittura, in cui interagiscono in competizione fra loro nel testo degli input totalmente differenti e che afferiscono a due sistemi autonomi e differenziati di organizzazione della forma, del metodo, del contenuto e del modo di pensare un testo scritto. Rossano Onano è perfettamente in grado di esercitare tale specifica ricerca intorno al doppio sistema di scrittura. Anzi, bisogna dare atto che, negli anni della sua produzione, egli ha maturato un’esperienza e una specificità che lo pone oggi tra i maggiori e più accreditabili esperti italiani di doppia scrittura, da intendere nei termini appena chiariti. E questo libro, approfondendo ed ampliando il solco tracciato dal precedente, Il pesce di Ishikawa, ci fornisce uno degli esempi più meditati ed ironici, a livello saggistico, di incontro e fusione tra letteratura e psichiatria.

Sandro Gros-Pietro

PRETESTO

H.C. Von Baeyer: Se l’ultimo respiro di Cesare è distribuito tuttora in modo uniforme nell’atmosfera terrestre e ipotizziamo che il volume dell’atmosfera corrisponda alla capacità dei nostri polmoni moltiplicata per 10 alla ventiquattresima, allora ad ogni inspirazione inaliamo una molecola dell’ultimo respiro di Cesare.

La parola è un atto respiratorio.

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