PRESENTAZIONE

Il vasto e approfondito percorso di studi compiuto da Carlo Di Lieto lo ha condotto a essere riconosciuto, in Italia e all’estero, come uno fra i più autorevoli e rigorosi studiosi di critica psicanalitica applicata alla letteratura e più in generale alle arti, ma con una particolare sensibilità ovvero predilezione per la poesia. È sufficiente scorrere il fitto elenco delle opere pubblicate per avere conferma della eccezionale misura d’impegno e della puntigliosa documentazione di approfondimento messa in campo dallo studioso napoletano, il quale si è dedicato in toto, come specializzazione, alla modernità e in particolare alla contemporaneità, cioè all’Otto-Novecento e alla attualità letteraria, tuttora in fieri, quest’ultima studiata come work in progress che richiede uno straordinario intuito critico e un faticosissimo esercizio d’attenzione e di informazione per orientarsi con sicurezza in un mondo fatto di parole ancora franose e in movimento, non certo assestate dall’esercizio illustrativo e compendiativo della critica storica, che si sedimenterà solo in futuro. Carlo Di Lieto è andato a conquistarsi sul campo della militanza letteraria il valore di studioso serio, preparato, informato, aggiornato, ragguagliato e operativo in prima linea sulla frontiera non solo della modernità, ma addirittura della contemporaneità di giornata, per quanto attiene alla ricerca letteraria di fondamento o se si preferisce di canone, cioè di alto valore contenutistico e formale: quella che si chiama letteratura non deperibile, perché costruita con coscienza di sé stessa, nell’esercizio dei magazzini della memoria, radicata nel richiamo del tempo continuamente ritrovato e reingaggiato dalla parola scritta. Su questa linea di frontiera è difficile per qualsiasi studioso collocarsi, perché si tratta di un fronte in continuo movimento: là si strappano le nuove terre al mare, là si costruisce la nuova storia che solo fra cinquanta o cento anni diverrà il déjà vu noto a tutti gli specialisti della materia, ma che oggi è ancora il territorio umido e fangoso, appena strappato al mare, lo Zuiderzee, nel quale si inoltrano solo i più audaci battitori liberi, studiosi di avanguardia, disposti a impegnarsi in un lavoro massacrante di rinvenimento, valutazione, riconoscimento, interpretazione e sistemazione della nuova letteratura. Carlo Di Lieto è tra le avanguardie più esperte e attrezzate in questo lavoro di critica letteraria. Dal punto di vista operativo, l’orizzonte della modernità si limita ad avere una crosta di territorio solidificato molto sottile, e che può risalire indietro all’incirca di solo due secoli, fino ai grandi sistemi montagnosi di Leopardi e dei suoi affini, ma che tuttavia poggia sulle grandi piattaforme continentali di Dante, Shakespeare, Marlowe e di alcuni altri; e tali isole continentali a loro volta fluttuano sopra il magma indistinto dei libri sacri e della mitologia, per lo più ellenica e mediorientale, da cui prendono le mosse tutte le letterature dell’Occidente. Ammesso che Carlo Di Lieto accondiscenda a concedere allo scrivente un riassunto così semplificato e sintetico della radice della parola letteraria in Occidente, allora, si può dire che egli lavora e studia solo quella piccola crosta solidificata del Pianeta Letteratura che si chiama modernità, pure se egli tiene necessariamente sempre a mente che il moderno poggia sull’immenso pianeta letterario sottostante, con i suoi tremila anni di storia, di cui Di Lieto ha maturato la piena contezza. Ed è giusto e corretto dire, che ciò che affascina più di tutto Carlo Di Lieto è la pellicola più sottile e fragile di tale crosta di modernità: precisamente, è il film biologico dell’attualità, cioè la letteratura che è in vita nel momento in cui stiamo vivendo noi, quella scritta da autori viventi ovvero da autori morti al massimo da mezzo secolo. Scrittori della contemporaneità, dunque, che hanno assunto la complessità, gli orizzonti, le tematiche e, più di tutto, il sapere e le discipline del mondo moderno. E la psicanalisi, forse l’ultima arrivata tra le scienze umanistiche, è certamente quella che ha fatto più delle altre il cammino del gigante nel mondo in cui viviamo, fino a essere divenuta il pane giornaliero distribuito a tutti, sbocconcellato in piccole porzioni assimilabili non solo dalle menti raffinate degli intellettuali, ma anche dalla celeberrima “casalinga di Voghera”, che negli ultimi lustri è divenuta un’accanita lettrice di complessi temi psicanalitici, diffusi dalla televisione e dalle effemeridi illustrate. Di Lieto è lo studioso di italianistica che appare il più avanzato, sistematico e autorevole nell’applicare il metodo scientifico della psicanalisi nella critica letteraria, ed è portatore e sviluppatore di una scuola di pensiero che fino a qualche lustro addietro suscitava stupore, misto a diffidenza circa la validità scientifica dei risultati, ma che oggi sempre più viene ricercata e riconosciuta come strumento indispensabile di arricchimento e di indagine del grande patrimonio estetico e illustrativo della letteratura moderna, in speciale modo di quella di attualità. Oggi, i più fini critici professionisti sono perfettamente consapevoli del fatto che il lettore rischia di non capire o quanto meno di ampiamente sottovalutare la complessità del messaggio moderno degli scrittori d’attualità se non si attrezza a leggerli anche in chiave psicanalitica. Su di questo versante innovativo e in espansione della letteratura contemporanea, Carlo Di Lieto appare come uno degli studiosi italiani più esperti e affidabili, che già assume la funzione di orientare e di istruire i giovani studiosi che si muovono sulla sua scia.

Sandro Gros-Pietro

Quando nel 1936 a Vienna Thomas Mann tenne il discorso ufficiale per l’ottantesimo compleanno di Freud «per la prima volta letteratura e psicoanalisi si incontrarono pubblicamente»; da quel momento l’influenza di Freud sulla critica letteraria era evidente; in realtà, in quella occasione si riconosceva ufficialmente un incontro che di fatto si era realizzato molto prima degli anni Trenta. In questo volume: “Psicoestetica” il piacere dell’analisi, Carlo Di Lieto, con fine acume critico e con un’esegesi di stampo matteblanchiano, applica operativamente il metodo psicoanalitico ai diversi generi della produzione artistica (poesia, romanzo, teatro, narrativa), per analizzare nel profondo “la creatività” e i problemi psicologici ad essa connessa. I poeti e gli scrittori, presi in esame, rivelano, in questa monografia, i misteri dell’animo umano, in quanto assolvono una funzione mediatrice tra noi e il nostro inconscio, e se, da un lato, verificano le ipotesi poste dalla teoria psicoanalitica, dall’altro, pervengono a nuove conoscenze dei profondi meccanismi della psiche. Questo studio consente di rimuovere le possibili “resistenze” dei fruitori, per attivare una libera identificazione con l’io degli artisti, sul versante del processo creativo; questo “piacere preliminare”o “premio di seduzione” assume un ruolo determinante nella definizione dei tratti specifici dell’opera d’arte. “La creatività” è vista da Carlo Di Lieto come un’attività compensatoria della situazione di disagio in cui l’artista viene a trovarsi, quando il suo universo psichico collide con la realtà. In questa prospettiva, secondo l’autore, l’arte, in generale, assolve una funzione consolatoria, indagando il complesso fenomeno delle “compensazioni del desiderio”. Il poeta espone in forma intuitiva ciò che nella psicoanalisi è tradotto, poi, in termini scientifici; Freud individuava sorprendenti analogie tra il contenuto della creazione artistica e quello della psicoanalisi e riteneva che i due ambiti fossero complementari: il primo illuminava il secondo e viceversa. I poeti e gli scrittori sono i «pochi cui sia concesso… quasi senza sforzo di salvare dal gorgo delle loro emozioni le più profonde verità verso cui noi altri dobbiamo dirigerci con fatica, annaspando incessantemente in mezzo a incertezze torturanti». Essi sono i mediatori tra l’opacità delle pulsioni e “il filtro della vita”, concentrando nei simboli il significato profondo dell’essere del­l’“interno paese straniero”: «Probabilmente, noi e lui [Freud e il poeta] attingiamo alle stesse fonti, lavoriamo sopra lo stesso oggetto, ciascuno di noi con metodo diverso; e la coincidenza dei risultati sembra costituire una garanzia che abbiano entrambi lavorato in modo corretto. Così egli [il poeta] esperimenta in sé quanto noi abbiamo appreso da altri, e cioè le leggi a cui deve sottostare l’attività di questo inconscio» (Delirio e sogni nella ‘Gradiva’ di W. Jensen). È su questo discrimine e, attraverso il filo rosso dell’esegesi psicoanalitica, che Carlo Di Lieto traccia le coordinate del Tempo ritrovato, nel sentimento dell’eros in Carducci; del “teatro dell’io”, sulla scena onirica di Luigi Fontanella; della disidentità tra pulsioni represse e finzione scenica, nelle reti associative di Shakespeare e della coscienza “captiva” dell’ultimo Leopardi. Chiude il volume una retrospettiva di studi e di indagini, che vogliono essere un’acuta ricognizione, dal 1974 al 2004, di recensioni, note, saggi brevi, per convalidare l’ineludibile riscontro tra Letteratura e Psicoanalisi.

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