Quest’opera è il frutto di una ricerca pluriennale sul funzionamento della nostra mente nei momenti di creatività. L’autore confida che, dopo la sua lettura, il problema della creatività non rappresenti più un mistero indecifrabile neanche per il lettore non addetto ai lavori, al quale, in particolare, egli intende partecipare le proprie riflessioni.
Il lettore avrà modo di constatare che la creatività non è un privilegio di pochi talenti innati, ma è patrimonio di chiunque. Abbiamo un dispositivo potente, la nostra mente creativa, ma spesso non sappiamo come usarla. Conoscendone i segreti, essa può essere coltivata e praticata in ogni attività della nostra vita quotidiana. Dopo questa lettura, potremo farlo con più convinzione perché avremo acquisito la verifica che il modello della scoperta è un magico strumento che utilizziamo ogni volta che le nostre conoscenze compiono un decisivo salto di qualità e comunque un percorso evolutivo importante; è un archetipo che ci portiamo dietro da tempo immemorabile, dall’“eureka” di Archimede alla relatività di Einstein, e che costituisce il mezzo più efficace che tuttora possediamo per sperare ancora di costruire un mondo futuro più vivibile.
È un libro per tutti; un saggio utile ed avvincente; un viaggio straordinario nel mondo della mente umana.

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1 recensioni per La struttura del pensiero creativo

  1. Alfredo Bianco

    Il libro – come già si intuisce dalla suggestiva copertina- è un vero e proprio viaggio di esplorazione: la mèta non è soltanto una giustapposizione di teorie, ma una prova tangibile di creatività: la scoperta della “struttura” del pensiero creativo. L’autore si avvale di studi coerenti con la sua ricerca: dal mito alle pratiche di meditazione, dall’ermeneutica di Eliade all’epistemologia di Kuhn, dalle metafore di Sternberg ai dispositivi simbolici di Sperber, dalla ‘sintesi magica’ di Arieti alla scoperta delle intelligenze multiple di Gradner…Il viaggio tra gli autori- tutti di grande e significativo spessore – è continuo e quasi inesauribile, proprio come la simbologia junghiana, che frequentemente ricorre nelle sue riflessioni.
    E’, comunque, evidente che la struttura di sintesi- ritenuta epistemologicamente soddisfacente ed esteticamente elegante nella sua semplicità – è il tetragramma di Poincarè che si fonda su quattro stadi, caratterizzanti il processo creativo: la raccolta di informazioni- l’incubazione – l’illuminazione – la ricostruzione del procedimento di scoperta. Montomoli sa bene che il primo e l’ultimo appartengono alla sfera razionale, mentre i due intermedi si alimentano di misteriose elaborazioni inconsce. Ma anche questo campo entra a far parte delle sue esplorazioni, con un balzo repentino dalla filosofia e dalla psicologia alla neurofisiologia ed ai suoi più recenti progressi. Tutte le fasi, infatti- secondo Rubenzer – potrebbero essere spiegate con il mutamento della frequenza delle onde elettroencefalografiche cerebrali… Tenendo conto del continuo progredire delle neuroscienze, si può presagire che il viaggio di Renzo Montomoli non sia ancora definitivamente compiuto, ma resta aperto ad ulteriori aggiornatissime ricerche sulla neurofisiologia dell’insight, che ci auguriamo possano essere oggetto di una futura pubblicazione di successo.

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