Premio I Murazzi per l’inedito di saggistica 2016 (Primo premio assoluto)
Motivazione di Giuria

 

Con una scrittura per metà illuminata dal sentimento dell’amicizia e per l’altra metà orientata all’analisi critica letteraria e psicanalitica dei testi, lo scrittore e studioso Rossano Onano conduce, nel testo inedito Testimonio eternamente errante, una brillante disamina attinente all’uso della simbologia biblica sviluppato nella poesia del primo e dell’ultimo periodo dal poeta toscano Veniero Scarselli.

Prefazione

Veniero Scarselli è stato in vita uno scrittore fra i più attivi e significativi del nostro tempo. Egli ha saputo distinguersi dagli altri perché ha preso una strada decisamente contro corrente. Scrisse prevalentemente di Poesia, ma fu anche un uomo di scienza, insegnò chimica all’Università, fu uno studioso di letteratura e di psicologia, scrisse saggi, fu pensatore, filosofo e teologo. In poesia combatté una battaglia quasi impossibile, perché si dichiarò fino dai primi passi a favore di una poesia dallo sviluppo in poema, progettata per rappresentare i grandi argomenti e le fondamentali tematiche dell’umanità, come si concepiva nel passato e come in epoca moderna venne fatto solo dal notissimo Derek Walcott, Nobel nel 1992. Descrisse la creazione del mondo in chiave metaforica e teologica, seguendo criteri aperti alla più ardita immaginazione e visionarietà, come a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento solo William Blake pensò di fare, poeta che Scarselli prese ad esempio nell’ideazione e nella raffigurazione in tutti i modi diversi del Dio-Padre-Pantacreatore. Fece della metafora e della metamorfosi lo strumento continuo della sua creazione poetica, ancora una volta scegliendosi come modello un poeta inglese del Settecento, Samuel Taylor Coleridge, di cui curò la fedele versione poetica in italiano moderno del celebre poemetto metaforico La ballata del vecchio marinaio, che egli tuttavia ribattezzò La vera storia del vascello fantasma. Veniero Scarselli fu un autore solitario, quasi un eremita, ma dal suo buon ritiro di Pratovecchio, in provincia di Arezzo, era in contatto con le menti più sensibili della Poesia italiana, che tuttavia in modo affettuoso ma anche lapidario, amava sovente riprendere con accenti bruschi, perché erano tutti sostenitori di quelle che lui amava definire le poesiole strappa-lacrime dell’intimismo, dell’autobiografia spicciola, oppure veriste e neorealiste, giocate sul versante dell’impegno politico, che lui considerava poco più di un eserciziario per menti “diversamente poetiche, affette da balbuzie letteraria”. Lui era per l’alta poesia, che fosse per lo meno epica, ma preferibilmente teologica, universale, di scatenata fantasia e immaginazione. Fu un uomo che oltre alla poesia, amò moltissimo la vita, amò il mare, le figlie, e in modo prediletto sopra ogni altra cosa o persona amò, per carne e per spirito, senza riserve, sua moglie Gem­ma, che lui descrisse nella poesia come un’eroina dei tempi moderni, dotata di super-poteri, e che ribattezzò Supergemma, esattamente per indicare la gemma che sboccia a nuova vita in modo ineguagliabile.
Ebbe come corrispondente prediletto dei suoi sconfinati viaggi poetici un altro testimone e protagonista di primo piano della poesia italiana innovativa, Rossano Onano, con cui si relazionò per numerosi lustri, e verso il quale nutrì sempre un’elevata considerazione e stima sia come intellettuale sia come poeta, nonché saggista e critico letterario, specie in chiave psicanalitica. Fu quasi sempre Rossano Onano a fare il critico nei confronti di Scarselli e a fornire delle chiavi di lettura della di lui produzione poetica. Scarselli, invece, non restituì mai con altrettanto fervore all’amico scrittore, più giovane di lui, l’attenzione critica che aveva ricevuto, benché apprezzasse la poesia dello scrittore di Reggio Emilia: anche da ciò si arguisce il piglio di egocità che contraddistinse tutta la vita di Scarselli. In questo agile e profondo libretto critico che Rossano Onano dedica all’amico poeta vengono messe a confronto principalmente la prima e l’ultima opera di Scarselli, per individuare le linee guida della sua poeticità, che in realtà fu un autentico “pensiero poetante”, come Scarselli stesso lo autodefinì, riallacciandosi alla figura leopardiana del poeta-filosofo per necessità ineludibile di amore verso la conoscenza, ma con una propensione a riconoscere solo alla filosofia lo spirito superiore della conoscenza, in quanto la filosofia resta sempre legata al logos e non riesce a mettere al traino anche il cavallo del thumos, come Platone insegna nel celebre mito del carro nel Fedro. In queste lucide pagine di analisi vergate da Rossano sull’uomo Scarselli e sugli intenti psicologici che sommuovono la sua opera, emerge sempre chiaro il rapporto di affetto tra i due scrittori, non disgiunto da occasioni di polemica poetica e intellettuale. Si è trattato di una amicizia che ha funzionato non solo a livello personale, ma le cui occasioni di riflessione e di indagine culturale sono sempre state e ancora più si apprestano a esserlo in futuro contributi preziosi alla sviluppo della cultura poetica italiana.

Sandro Gros-Pietro

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