Prefazione

Tra gli scrittori più ameni che hanno allietato la gioventù di molte generazioni, un posto del tutto particolare spetta al pastore anglicano Jonathan Swift. Eccellente prosatore e buon poeta, narratore fantastico e polemico, incline a fustigare i vizi umani con la satira più mordace, si professò eterodosso a contrasto di ogni ortodossia, specie di quella religiosa, che nella sostanza gli fornì di che vivere con dignità. Fra le tante ricchezze che lo scozzese Swift donò agli uomini vi è il capolavoro I viaggi di Gulliver, in cui il protagonista viaggia attraverso tre mondi alieni e paralleli, che hanno in comune la caratteristiche di essere tutti e tre delle parodie del mondo umano che noi tutti bene conosciamo (e che patiamo per i tanti vizi e per le poche virtù). Sarebbe una divertente forzatura sostenere che l’altrettanto fiero scrittore di Pratovecchio, autoironicamente definitosi come il Condottiero Sir Venierus Degli Scarselli, sia il corrispondente di un mondo letterario parallelo rispetto a quello di Swift, ma tant’è, val la pena di farlo. Tra i due scrittori ci sono circa tre secoli di distanza e la latitudine di un intero continente che li separa. Inoltre, Swift è un grande investigatore della realtà mondana. Scarselli, invece, è un grande indagatore della quintessenza metafisica. Ma la verve satirica è la stessa, l’invenzione fantastica è ugualmente propositiva, l’amore per la dizione poetica chiara e corretta è identica, e in entrambi trionfa la volontà di affabulare una storia dello scibile umano.
Al termine della lettura del suo ultimo poema, Ascesa all’ombelico di Dio, avevamo lasciato Scarselli nelle interiora di Dio, egli era stato fagocitato dentro il ventre della divinità – anzi vi si era proiettato di sua sponte – ed incominciava ad essere digerito dalla Metafisica fattasi carne – situazione, del resto, ampiamente trattata anche nella Bibbia, per la quale l’Idea Assoluta si trasforma in un fascinoso ebreo figlio di un vecchio falegname e di una giovane vergine di nome Maria. E tale Idea Assoluta diviene non solo una voce che parla, ma addirittura un corpo umano che vive, mangia, dorme, soffre i sentimenti degli uomini, conosce la paura, il dolore, patisce la tortura ed espia le colpe dell’intera umanità consegnandosi a una morte prodotta da inumani patimenti. Avremmo potuto supporre che Veniero Scarselli si fermasse alla Bibbia? e che non costruisse un mondo parallelo della letteratura, da contrapporre a quello della Metafisica, resasi carne? In verità vi dico: egli lo ha fatto! Ed ecco che nell’Universo Parallelo degli Acquatici egli minutamente discetta circa il modo e il merito grazie ai quali un pensiero puro, cioè un’idea perfetta, diventa un cristallo d’acqua condensato en façon d’être autre chose, acquista una corporalità consistente che, alla fine della fiera, si perfeziona in una farfalla o in un elefante, in una scimmia o in un uomo, in modo che quel famoso “pezzo di carne biblica”, in cui l’Idea Assoluta si è consustanziata, si rinnova nel mondo parallelo della letteratura – che è altra cosa dalla fede – e rappresenta il risvolto e la ricaduta fantastica o meglio fantascientifica, dell’invenzione affabulatoria, di ogni genesi del Tutto, di ogni concezione totale del cosmo e del creato: la letteratura è la favola consolatoria delle nostre coscienze di uomini. Gli uomini debbono credere in ciò che fanno; hanno assolutamente bisogno di confidare in loro stessi e nelle loro possibilità; debbono raccontarsi le loro fedi per convincersi della pienezza dei loro ragionamenti. A questi fini di esaltazione (e di critica) del patrimonio del pensiero umano risponde egregiamente la letteratura, più ancora del contradditorio teorico tra le teorie scientifiche. La letteratura permette di “digerire le idee”, per usare un’espressione di Giorgio Gaber, che sicuramente deve essere piaciuta anche a Veniero Scarselli. Digerire le idee significa farle divenire una routine abituale e accettata del nostro quotidiano. E la letteratura, quella per lo meno che si colloca nel più alto cielo dei suoi interessi umani, si propone esattamente questo scopo: cibare e alimentare le menti umani con le Idee Perfette elaborate dagli uomini, le fa diventare una prassi quotidiana della vita comune e ordinaria. E l’obiettivo viene raggiunto dagli scrittori quasi sempre con l’invenzione di un racconto fantastico, tale che abbia dell’incredibile, e che sia colmo di ironia e di autocommiserazione. Alla fine c’è una ricaduta di accettazione e di confidenza con quel mondo fantastico e con quell’idea impossibile, perché la letteratura, attraverso la magia del racconto, ha saputo rappresentare anche l’azzardo come se fosse un fatto credibile e ordinario, per cui appaiono veri i lillipuziani alti quindici centimetri e altrettanto veri i brondignaghi alti circa 22 metri. Swift, nella sua opera di narratore e poeta, desiderava commentare e raccontare la realtà del mondo, cioè la natura delle azioni umane, i vizi e le virtù, l’agire sociale consociato in gruppi sia molecolari come la famiglia sia in associazioni macroscopiche come le nazioni. A Scarselli, invece, interessa raccontare le idee perfette degli uomini, l’epistemologia della metafisica, cioè interessa lo sviluppo delle conoscenze umane che si spingono oltre la realtà dei fatti, nel tentativo di una visione dell’oltre e dell’altrove. Scarselli è il poeta epico del pensiero poetante, che – come lo definì Leopardi nella sua primaria formulazione – è l’architettura letteraria dell’indagine conoscitiva del mondo. Attenzione: abbiamo appena detto che per “formulazione letteraria” – leggasi semplicemente letteratura – si deve intendere l’alimento ordinario delle menti umane, cioè la magia attraverso cui le idee perfette si trasformano nel benessere – o nel malessere – fisico degli uomini comuni: in una metafora, il processo attraverso cui l’idea si fa carne è svolto dalla letteratura, e in particolare dai poeti. Swift racconta la società degli uomini; Scarselli, invece, racconta la scienza degli uomini. Tutti e due usano il paradosso della deformazione fantastica: l’uno deforma la realtà, l’altro deforma le idee e la scienza. Entrambi si propongono di ottenere una ricaduta di accettazione e di confidenza nella mente del lettore, ossia entrambi chiedono di essere letti attraverso la metafora. Sono le due facce della stessa medaglia. E l’unica medaglia è l’uomo, fatto di carne e spirito: di vocazione alla realtà e di aspirazione alla metafisica. Per questo motivo si può concludere che Veniero Scarselli, nelle sue ardite e spettacolari interpretazioni della fisica dei quanti, dell’universo a stringhe e dei mondi paralleli, che sembrano rappresentare la fuga per la tangente verso le esplorazioni più difficoltose degli enigmi scientifici moderni, in realtà si occupa di un mestiere d’antan bene assestato e bene conosciuto fra le attività intellettuali dell’uomo, quello del poeta vate che attraverso la metafora trasforma le idee più ambiziose del pensiero umano in creature domestiche della nostra quotidianità.

Sandro Gros-Pietro

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