Premessa

I manuali di storia letteraria ci hanno fatto un pessimo servizio: e il secolo più punito è stato – almeno per quanto riguarda la letteratura italiana e quella francese – l’Ottocento.
Guardiamo, per l’appunto, alla Francia, a cui questa nostra antologia personale fa riferimento. Romantici, parnassiani, simbolisti: questi tre sono i movimenti in cui, in rigida successione, la manualistica corrente «ingessa» (come fosse il sopravvissuto ad un grave incidente stradale) il secolo. Il quale, invece, a guardarlo più da vicino, con la lente d’ingrandimento di un giudizio scevro da preconcetti, si rifiuta d’essere sezionato in simili scomparti.
Certo le tre «correnti» sono esistite, ma non per finire in tre compartimenti-stagno, come un canale d’irrigazione nelle sue vasche. Come la parola stessa, nella sua semplicità suggerisce, tutto in loro era fluido, e spesso ribollente e schiumoso.
Fuor d’acquatiche metafore, una folta schiera di poeti del tempo, pur aderendo all’una o all’altra «schiera» e scrivendo spesso sulle numerose (e cagionevoli) riviste che a vario titolo le rappresentavano, contravveniva con notevole irregolarità alle poetiche, spesso troppo coercitive, sottese alla loro militanza.
Come definire codesti poeti? Irregolari, insofferenti, anomali, eterocliti, scontenti, irrequieti, instabili? L’indisciplina che li accomuna, pur nella estrema varietà delle scelte singolarmente adottate, non è formale (anche se le loro opzioni stilistiche hanno particolare rilievo), ma tematica. Sono lirici che «vanno oltre», perché refrattari al sentirsi limitati da un registro di motivi troppo rigidamente codificato dalle rispettive scuole o tendenze. L’inventario tematico che sarebbe loro prescritto è troppo angusto e, frequentato da molti (troppi?), rischia d’essere ripetitivo. Eccoli allora spaziare, con assoluta, spesso scandalosa arbitrarietà, lungo un orizzonte (almeno teoricamente) illimitato, i cui margini non sono nettamente delineati, ma semmai sfilacciati e sfrangiati.
Il loro fondaco tematico ha qualcosa di un colorito emporio, in cui siano ammassati in disordinata congerie gli spunti ispirativi più diversi: la nascita come condanna; l’adolescenza e la giovinezza come periglioso transito; la maturità come amara consapevolezza della propria alterità; il rapporto con i propri simili frustrante, quando non impossibile; l’ossequio alle cosiddette norme del vivere umiliante…
Di qui l’assunzione della vocazione poetica come la sola scelta accettabile e come la sola opzione «alternativa», che può esprimersi accordando adeguato spazio all’indignazione o a un programma esistenziale provocatorio (la povertà, la peripatesi, il vagabondaggio anche fuori dei confini del proprio paese) o a mentalità scandalose, ad esempio nei confronti della sessualità. In quest’antologia, pur nella sommarietà dei suoi prelievi, ho cercato di documentare, attraverso il repertorio di una cinquantina di poeti, come l’alterità costitutiva della loro ricerca abbia influenzato quella di molti nostri contemporanei, come – per limitarci ad un solo richiamo – quella di vari rappresentanti delle neoavanguardie novecentesche, italiana e non.

Guido Davico Bonino

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