In forma di parabola surreale e con molti elementi visionari, Miriam Pierri ci racconta per metafora la rappresentazione dell’intero cammino dell’umanità, dalle primitive origini riposte nella notte dei tempi alla definitiva scomparsa nel polverio cosmico dei pianeti, disperso nell’entropia e nel raffreddamento dell’universo. Binomio enigmatico e basilare del progresso umano è il rapporto di sodalità e di corrispondenza in atto tra La Parola e l’Ascolto, le due entità che nella “fiaba” sono personaggi antropomorfi e artefatti – cioè prodotti dalla civiltà umana – e che sono destinati a corrispondersi, ma anche ad autodistruggersi. La prosa di Pierri sperimenta sempre nella vicenda dei fatti e delle cose una vocazione connettiva con la poesia e, quindi, con il ragionamento analogico che procede per traslati e per allegorie ovvero per salti e per corrispondenze, talvolta enigmatiche: infine, diviene un brillante esempio di fantasia magnetica nella splendida rappresentazione dei quindici sogni finali con cui si conclude il racconto, autentici esempi di perfetta poesia in prosa.

Sandro Gros-Pietro
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