Prefazione

Briciole di poesia di Federico Chiurato è una sofferta raccolta di testi nati dall’esigenza di compiere un essenziale percorso interiore finalizzato alla ricerca identitaria di sé e del senso della vita, in un periodo che sembra rivelarsi particolarmente critico della propria esistenza.
Questo libro è un’opera prima e, pur tuttavia, racchiude le coordinate di un mondo poetico già ben sbozzato e riconoscibile.
È una sorta di taccuino esistenziale quello che si rivela al lettore: il grigio degli autunni, il gelo degli inverni, le labili apparizioni umane, i soli, gli alberi, i fiori e gli incontri di vita. Queste annotazioni sono come delle offerte faticose e luminosamente colte in un tempo feroce e violento, os­servato nella sua dimensione più alienata e fallimentare: La tua anima stanca / Osserva la gente vuota. / Contempla il fallimento / Del mondo / – da estranea – / Lo guarda disteso / Sul suo capezzale / Di sangue e sudore / Lo vede sfinito / Lo vede straziato.
I caratteri primari del libro sono una contenuta e severa carica lirica, che si esprime attraverso una coltre di immagini oggettuali, e un’intensa e spoglia tensione esistenziale che muove da un sentimento della vita di gelo, di solitudine e di reclusione: E tutto ghiaccia / E intorno a te, / Solo il silenzio / Si impone.
O, ancora: Scende / Un gelido soffio / Sul cuore: / Lo inonda, / Lo ghiaccia.
Si esprimono altalenanti pulsioni sospese tra vita e morte in un’atavica contrapposizione duale che caratterizza da sempre il tormentato cammino dell’uomo: Ci sono giorni / In cui il mondo / Sorride felice / Al diamantino cielo incantato / (…) / E tu, / Dietro ad un vetro, / Lo guardi / Lo ascolti / Non senti.
Il canto riesce comunque, seppur talvolta con durezza, a trovare il fondamento profondo della propria stabilità personale, definendosi in una consapevolezza amara di sé e del mondo che oltrepassa i meri confini materiali e temporali per abbracciare una visione “cosmica dell’esistenza”: E la tua fiamma diviene ardente / Ardente si fa il tuo cuore / E sei solo / E sei luce / In un deserto di tenebre / Amare.
In questo orizzonte desolato e sterile, il poeta urla con disperata e coraggiosa intensità la sua presenza controcorrente e inattuale: Solo / Nella mia lotta / Ho pianto / Lacrime aguzze. / Mi rialzo / Ancora una volta, / Continuo sulla / Mia strada.
È un libro che riesce, pertanto, a ritrovare nella descrizione senza infingimenti del reale – di una società in declino e senza redenzione – una sacralità disperata, un senso che custodisca il vivere e la vita insieme, in una civiltà senza più sentimenti riconoscibili. Talvolta traspare, infatti, un connubio di dolce malinconia, un senso di solitudine che cela in sé un’intensa mescolanza di mestizia e di amore: Un fiore che sboccia / Sotto la rugiada / Fresca dell’erba. / Ti ho trovato / Ti ho perso. / Un fiore che muore / Sotto le fiamme / Assetanti del sole.
Per la tradizione italiana novecentesca, è chiaro che Chiurato guarda con insistente e appassionata ingenuità poetica (ingenua e autentica come solo può esserlo la passione di un giovane poeta) alla matrice ungarettiana, coniugandola con richiami espliciti alla lezione del tragico nichilismo pa­scoliano (E comprendo / L’urlo di Pascoli) e del correlativo oggettivo montaliano (Seduto, / Col sole alto nel cielo / Col vento che riecheggia lontano / E bisbiglia e sussurra / Il segreto del mondo, / Guardo una foglia / Riarsa / Esanime a terra senza respiro).
Meno evidenti, ma ugualmente profondi e degni di es­sere rintracciati con maggior cura, gli echi della lezione di Sbarbaro (sin dal titolo: Briciole di poesia richiama evidentemente la raccolta Trucioli del poeta ligure) e gli inconsapevoli e spiazzanti, proprio per l’intuitiva emulazione che rivelano, calchi dell’opera di Edgardo Marani (autore di un uni­co, straordinario libro, Sono solo, edito da Guanda nel 1938): Sono solo in questo mondo / Solo, nella sofferenza. E, ancora: Sono solo tra la gente / Solo tra gli amici. / Solo.
È, però, la figura di E.M. Cioran che, più di altre, sembra tracciare quel paesaggio in cui si iscrivono molti versi di Chiurato: Cioran, quel pensatore che – come lucidamente ha scritto Roberto Carifi – assume l’orrore dell’esistenza “come punto di vista privilegiato”. È, il suo, uno sguardo disincantato sulla vacuità del mondo e sulla radicale persistenza del male. Lo stesso che si innalza in alcuni versi di Briciole di poesia: Con un ghigno sinistro / Deridi i tuoi miseri attimi / Che, in un battito di ciglia / Che è la vita, / Rivaleggiano in / Oscurità / Con la notte nera.
Eppure anche in questo deserto arido e disperato, continua a rinnovarsi la vita: il fragile fiore della poesia fiorisce e il suo tenero profumo si diffonde nel canto.
Come un esile fiore di ginestra:

Dalla tristezza
Perisce l’Inganno
Dalla tristezza
Fiorisce la vita.

Luca Borrione

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