PREFAZIONE

Io scrivo quando sto male, quando la vita mi intrappola nei suoi angoli bui e mi fa toccare il vuoto. Per non cadere in quel vuoto, io scrivo” così Elisabetta Vatielli commenta la presenza benefica della poesia che l’accompagna nel corso del tempo.
L’animo poetico scorre lungo gli anni, a volte impetuoso e pericoloso, a volte placido e appagato dal proprio fluire; attraversa gole che sembrano soffocarlo e vasti deserti che tentano di inaridirlo. Elisabetta naviga questo fiume di sentimenti lasciandosi trasportare dalla corrente ma quando giunge nell’ampio mare della creazione, della trasformazione in parole, quando sente che è il momento della condivisione, allora la sua rotta è guidata da antiche usanze. Osserva il “groviglio di stelle” che all’inizio del viaggio non vedeva perché la notte era troppo profonda nel cuore e il cielo era nascosto da un “buio… in primo piano”. Quando però l’oscurità del dolore diventa trasparente le stelle si mostrano nell’immensità dello spazio, formano costellazioni di messaggi d’infinito, indicano percorsi non casuali.
L’Autrice accetta con slancio l’invito carico di mi­stero che il cielo le offre: “mi butto tra le stelle ad adorare il Dio che ho crocifisso”. Nel ricordo del sacrificio del Figlio Elisabetta colora il suo misticismo di umiltà, riconosce il suo esistere di donna che vive ancora in un mondo colpevole; percorre il cammino della speranza con la consapevolezza del fardello che la vita impone a tutti, ricorda “l’eco di mancate stelle”. Ma “il tempo del fiore nero è finito”. Il futuro non è per lei un mosaico imperscrutabile; purtroppo è consapevole che ci sarà inesorabilmente un’assenza… “Noi non saremo mai, ma siamo stati… e ciò che segue mi sussurra: Vivi!
Le stelle dunque non sono fredde, lontane o irraggiungibili; sono i punti visibili di un Amore universale. Esse danzano al suono di un Canto del tempo nuovo, nel “profumo dell’ora del tempo presente che ora possiedo”: la Fede annuncia una Rinascita che dissolve le macchie del passato senza cancellarle perché anche il dolore è nel disegno di un Padre che per condividerlo con le sue creature si è fatto Uomo… “il dolore in Te si spiega” ma “la tua mano mi porta lontano”.
Questa raccolta è il diario poetico di una prospettiva nuova dalla quale Elisabetta guarda il mondo, contempla sempre la natura nel suo incanto ma nel suono dei versi traspare e si percepisce la rinnovata certezza che “la speranza è in alto”.

Alberto Moreno

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