PREFAZIONE

La natura delle sorprese cui Michele Battaglino allude nel titolo del libro è svelata nella poesia conclusiva, Congedo definitivo, che prospetta di superare la soglia della caducità e di approdare al tempo infinito (e anche indefinito) dell’eternità. L’eternità è sicuramente la più ineffabile delle sorprese che mai si possa concepire, perché contiene l’infinita visione del tempo, nel senso che tut­to il passato e tutto il futuro sono contemplati nel tempo sospeso che è l’eterno. Chi approda al­l’eternità ha la sorpresa di conoscere non solo tut­to ciò che è stato, ma anche tutto ciò che sarà, nel tempo infinito in cui egli si verrà a trovare.
Il libro Sorprese ha un orientamento duplice, in quan­to è sicuramente collocato nel tempo mondano della vita, ma nello stesso momento sviluppa l’attesa di proiettarsi a superare il confine della vita umana e di traguardare verso un concetto di eternità che ovviamente nessun uomo ha mai potuto testimoniare in modo piano e certificato.
La prima sezione, denominata Quartine – e si capisce bene la ragione del titolo – apre il libro a una predisposizione dell’anima colma di stupore e di meraviglia per la ricchezza del mondo, di cui vengono rappresentate tante diverse scenografie di vita ordinaria. Seguono poi altre due sezioni, di cui la prima è denominata Pascaliane, ovviamente in omaggio a Blaise Pascal, uno dei massimi geni del mondo occidentale moderno, che purtroppo morì giovane, cultore in egual misura delle scienze e del pensiero filosofico e umanisti­co. L’ultima sezione del libro, infine, si intitola Varie, ed è contraddistinta da un canto di natura quasi elegiaca, principalmente rivolto alle bellezze naturali del vasto e differenziato paesaggio basilicatese, ma anche con spunti di poesia più specificamente ecologici, con una rassegna faunistica di svariati uccelli tipici della Lucania, con tematiche della quotidianità e delle vicende di storia e di costume sociali dei tempi attuali.
Il concetto di sorpresa si dilata, allora, a tutto il libro nelle sue diversificate sezioni e viene a rappresentare quell’atteggiamento di meraviglia per il mondo che il Poeta tiene sempre acceso come le braci sotto la cenere del ripetitivo, dell’ordinario, del consunto dall’uso e fino anche dalla noia esistenziale, cioè lo spleen di nota memoria baudelairiana, fatto di malinconia e insoddisfazione croniche, che possono assediare l’anima dell’uomo moderno con la nevrosi, peraltro molto diffusa, della depressione. Invece, in Michele Battaglino, c’è sempre un brillio di stupore per la me­raviglia del mondo, come possiamo leggere nella poesia Come immortali fuori del tempo, scopertamente dedicata ai fanciullini di memoria pascoliana, che si portano lo stupore e l’ammirazione della scena del mondo negli occhi e nell’anima. Si può, pertanto, distinguere una doppia anima nella poetica di Battaglino, quasi in evocazione del mito platonico del carro e dell’auriga che controlla i due cavalli, del Thumos e dell’Eros, e che fa trionfare il Logos, come tecnica di guida del carro. In verità, Battaglino non cita mai apertamente il Fedro di Platone, tuttavia la sua cultura di esercitato umanista ha piena confidenza con tutte le categorie della filosofia antica e moderna.
Sul fronte della modernità, va detto che la poetica di Battaglino accoglie in pieno la lezione di Thomas Stearns Eliot, sviluppata in The Waste Land e anche ripresa da Eugenio Montale negli Ossi di seppia, nota come correlativo oggettivo e come sviluppo moderno della metafora, grazie alla qua­le il Poeta attribuisce agli oggetti investiti di particolare forza immaginativa la facoltà di suscitare l’emozione. Esempio di correlativo oggettivo è lo scorfano impigliato della poesia Tra gli scogli: l’eco montaliana con il correlativo oggettivo degli ossi di seppia è addirittura manifestamente voluto. Talvolta, il correlativo oggettivo è più diluito in uno sviluppo descrittivo dei versi, come è il ca­so della “Esile canna che un soffio / di vento agita e piega”, che è metafora dell’essere umano e che chiaramente è un’evocazione e un omaggio rivolto a Grazia Deledda. Tematica specifica della sezione Pascaliane è l’attrito conoscitivo che si sviluppa nel confronto tra le scienze esatte e le dottrine umanistiche: anche in questo caso, il Poeta adotta il riuscitissimo correlativo oggettivo del ginepraio della scienza. La figura di Blaise Pascal non poteva non essere un punto di grande attrazione e di riferimento per la poesia di Miche­le Battaglino, come lo fu a suo tempo addirittura per Giacomo Leopardi. Tale sezione può essere considerata come un unico poemetto che svolge il dramma pascaliano dell’uomo sospeso tra i due abissi dell’infinito e del nulla, an­che se contiene uno specifico omaggio a Paul Valéry, di cui Battaglino cita apertamente la norma di comportamento volontaristico contenuta in Léger comme l’oiseau et non comme la plume, che peraltro concorda alla perfezione con la critica di Pascal alla casistica, in aperta opposizione ad adottare il principio della causalità. Socraticamente, Battaglino afferma che l’unico risultato della conoscenza è quello di essere consapevoli di non sapere nulla: “Ora che ho spulciato mille libri / alla conquista di un punto d’arrivo // […] solo ora so per certo di navigare / in un vuoto senza forma”. Tuttavia, la conclusione definitiva è ancora in li­nea con il pensiero di Pascal e con il concetto del­la scommessa conveniente consistente nel credere nell’esistenza di Dio, perché se Dio non c’è, non si perde nulla; ma se c’è, allora ad avere vissuto come se ci fosse si guadagna tutto. Ed ecco che Battaglino conclude le sue Pascaliane con il distico “Se irraggiungibile appare ora la meta / val la pena credere ancora e tentare”. Va detto che la capacità sintetica di contenere una lux in nux, cioè un detto luminoso rattenuto in un’e­spres­sione breve, è una specialità di Michele Battaglino esplicitata anche negli altri due bellissimi distici della terza sezione, precisamente Borgo natio e Distico dell’attesa.
La poetica di Michele Battaglino ha raggiunto una persuasiva forma di fascino e di convinzione consistente nell’accostamento della Poesia alla Filosofia ovvero l’approccio del pensiero ispirato dalla cultura delle emozioni con il pensiero condotto dalla forza della ragione e dalle capacità di deduzione e di induzione. In questo approdo di convergenze, che ha sicuramente un’anima antica, con molti degli antenati nella cultura ellenica, ma che è molto ravvicinato a noi, nel tempo della modernità, ritroviamo il pensiero poetante di Giacomo Leopardi e la lezione di Persuasione e rettorica di Carlo Michelstaedter.

Sandro Gros-Pietro

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Scrivi per primo la recensione per “Sorprese”

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati