Prefazione

Avevo scritto in passato che la poesia di Michele Piovano è caratterizzata da una fluidità di coscienza oltre che di immaginazione visiva; in un continuo alternato che dilata le immagini in cale e pause di ritmo, per poi rimetterle in movimento al passo veloce della sua musica. È quello che si conferma in questo Oltre la soglia, punto di arrivo superlativo della sua maturità umana ed espressiva.
La chiave di volta di questa intensa poesia esistenziale restano certe oscillazioni debordanti, a segnare le quali intervengono iterazioni e divaricazioni, assonanze ed accordi. Sono le intenzioni a cui corrisponde lo sforzo appunto esistenzialmente ripagato del conoscere se stessi fin dove si possa e si riesca, al di là di tutto e nonostante tutto, perché è l’unica cosa che alla fine conta nella vita (“Anni con questo senso incerto della vita, / un gesto un libro una penna / per dare nomi all’avventura / di ogni giorno”).
Tale percorso di autoconoscenza (“sto cercando l’altro dietro la porta”) si traduce in una lingua intarsiata (“variazioni” che il pensiero impone alla scrittura), specchio di quella condizione psicologica che continuamente si divarica nel groviglio del pensiero, che è il groviglio stesso dell’esistenza, in cui si agitano tutti i motivi e tutte le occasioni: gli affetti, l’amicizia, la morte, il tempo, la sofferenza, la storia, il mondo. Così che “lo sguardo si allarga” progressivamente a ogni aspetto della vita.
Quella di Piovano è una poesia che affonda, non solo per istintiva natura ma per scelta intellettuale, le sue radici e le sue ragioni nei processi mentali e razionali del soggetto cogitante (“un’ansia di pensiero”), ponendosi come rassegna delle immagini privilegiate del moto e gioco appunto intellettuale nell’indagine della vita e del mondo (“la vita chiama le cose per nome”).
Ci troviamo di fronte a una poesia dell’intelligenza, certamente, ma che non è per niente spoglia del riscontro emozionale; e che anzi, in forza inversamente proporzionale, fa sprigionare dalle sue limate superfici stratificate (di temi, di linguaggi, di codici… riportati all’unità del molteplice) un’ansia assoluta di partecipazione e di complicità rispetto al mondo e alla sorte degli uomini, nelle loro vicende private dentro e in mezzo ai grandi eventi della Storia, in cerca della vita (“ma la vita è altrove, / galleggia leggera per le strade. / Ovunque è il suo respiro / che tocca nuove speranze dopo i veleni / con gesti grida desideri”).
Piovano, muovendo da una profonda esigenza interiore di comunicare agli altri la propria visione del mondo e della vita, costruisce il suo rigoroso “racconto” delle ragioni delle cose che accadono (“le cose senza soluzione sono tante”), mirando ad isolare i tagli, le fessure, gli scollamenti in cui si esprime e si dichiara il disagio del non riconoscimento (“zigzagando alla cerca di un altrove”) e del vuoto (“il vuoto nascosto delle nostre paure”), fattori appunto che insidiano la comprensione possibile delle cose. Perché, per Piovano, il compito della poesia è quello di “capire” e di “far capire” mentre fa sentire.

Paolo Ruffilli

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