Premio I Murazzi per l’inedito 2015
(Dignità di stampa)
Motivazione di Giuria

 

Nell’organica scansione delle sue quattro sezioni, il libro in versi e in prosa di Franco Zoja coniuga la memoria del passato con le osservazioni del presente e le aspettative del futuro, ma soprattutto sottolinea non solo la modernità dei classici latini, ma addirittura la loro necessaria presenza e comprensione per riflettere con profondità sulle questioni più importanti della nostra vita presente, come l’amicizia, la ricchezza, l’onore, l’onestà, il sogno, il peccato e altre categorie appartenenti al profondo mondo dell’anima di cui lo scrittore torinese si è da sempre dichiarato paladino.

 

Prefazione

Il nobile e schizzinoso Tibullo, discendente da ricca famiglia equestre, incline agli ozi delle lettere e alle gioie dell’alcova, specie con le donne altrui, come Delia e Nemesi, ovvero dedito a deflorare giovinetti come Marato, ossequioso dei potenti di cui continuamente cerca la protezione come nei confronti di Messalla, ma dal quale tuttavia tenta di imboscarsi per evitare la fatica delle campagne militari, cui dovrebbe partecipare sia pure come accompagnatore o come ospite al seguito ma non certo come combattente, per cui si dà per malato, è il perfetto esempio del poeta latino di epoca augustea, nel periodo di fioritura del mecenatismo. E lo è certamente insieme ad Ovidio, anch’egli vicino a quei poeti definiti con disprezzo da Cicerone neoteroi, cioè gli “uomini nuovi”, che dileggiavano le tradizioni degli avi (mos maiorum), ma nel contempo desideravano assicurarsene i privilegi. Franco Zoja, secondo il suo costume di studioso serio e documentato, opta sempre per un’analisi storicamente decontestualizzata dell’autore dal periodo storico in cui vive e considera l’opera nella sua valenza indipendente dal contesto in cui si è formata, come sistema autonomo di valori, inserito nella lingua che lo esprime. Insomma, Franco Zoja – non è un segreto per nessuno – ha una vocazione tendenzialmente strutturalista, secondo l’esempio magistralmente elaborato da Ferdinand de Saussure. Ne deriva che come poeta, Zoja abita un tempo magnificamente espresso in un valore di attualità della scrittura che allinea sulla scena delle presenze significative Omero con Shakespeare, Dostoevskij o Walcott, perché ciò che conta è l’autonomia della scrittura nella sua duplice espressione di forma e di contenuto.
La raccolta L’elegiaco Tibullo e variazioni e scritture della memoria unisce sul tappeto volante della poesia due epoche lontane due millenni e mette in contatto Tibullo, uomo per il quale la schiavitù è un valore di superiore civiltà e l’educazione all’arte militare deve passare attraverso l’esercizio di uccidere con le proprie mani uno schiavo sottomesso unicamente per fare pratica nell’infliggere la morte, con un intellettuale anonimo del nostro tempo, che è l’alterego del poeta stesso, sensibilissimo e sdegnoso poeta del ventunesimo secolo, vibrante di impegno civile, di convenzione della parità fra tutti gli uomini del mondo, di difesa dei più deboli, di rispetto scrupoloso del mondo delle donne e di sensibilità pedagogica nella formazione della psiche dei fanciulli. Ciò che sembra impossibile alle ragioni dello storico, del sociologo, dell’economista, del politologo – e chi più ne ha più ne metta, di ulteriori scienze sociali – diviene invece la dimensione di pacifica e splendente cultura, aperta all’incanto del sogno compiuto ad occhi aperti, che è divenuta la scrittura di Franco Zoja: un incontro con la forma caleidoscopica della bellezza umana, con le gioie del piacere e con il dramma del dolore e del patimento, testimoniate dall’uomo nelle sue forme e nella sua lingua originaria, espresso sempre con la stessa valenza di svelamento e di mistero, di fascino e di ripulsione, di perdizione e di salvamento, in un confronto cosmico di voci per luoghi e per tempi differenti. Un libro bellissimo, caratterizzato da una cifra di stile e di architettura poetica assolutamente originale e inconfondibile.

Sandro Gros-Pietro

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