PREFAZIONE

PRENDERSI CURA DELLA TERZA ETÀ:
Ascoltare per comprendere. Comprendere per accompagnare

Con la vecchiaia aumenta la vulnerabilità e spesso la inabilità per deterioramento cognitivo (demenze), aumenta la dipendenza e subentra quindi il problema della autosufficienza o meno.
L’assistenza al malato richiede alla famiglia un impegno fisico, materiale, psicologico, emotivo e relazionale, che difficilmente si riesce a sostenere per lunghi periodi. Per non essere soggetto a una sindrome di affaticamento e burn-out che sfocia in numerosi sintomi fisici e psicologici (impotenza, insonnia, affaticamento, fragilità fisica, stress, inversione dei ruoli, senso di colpa, inadeguatezza, ansia, depressione e vergogna), la famiglia spesso, seppur malvolentieri, deve ricorrere alla richiesta di ricovero del proprio caro in strutture residenziali (RSA).
Il tema dell’invecchiamento della popolazione e quindi dell’assistenza agli anziani nel proprio domicilio o nelle RSA è da anni al centro dell’attenzione di chi si occupa di politiche sociali e sanitarie.
L’inclusione nel DSM-5 delle demenze in una categoria di disturbi neurocognitivi potrebbe fare sottovalutare le componenti emotive; perdite sempre più numerose caratterizzano la vecchiaia, e occorre quindi collocare anche tutto ciò in un punto di vista psicologico. Ci si concentrava spesso sui deficit cognitivi e la relazione era in secondo piano; oggi la relazione entra a gamba tesa nella cura del paziente anziano, il quale continua a pensare e questo pensiero è prezioso per la sua qualità di vita. Entrare in relazione vuol dire “riconoscere”, “vedere” e già questo è terapeutico perché rende presente il soggetto e non solo la malattia. La sorgente della vita psichica è nella relazione d’ascolto.
Laboratori come “Oggi mi racconto” e “Officina Poetica: Poesia come terapia per l’anima”, che favoriscono il processo di consapevolezza e supporto degli stati emotivi, diventano importanti per il benessere psicologico. Significa considerare che si esprimono poeticamente anziché logicamente.
Ogni persona non parla mai solo per dire qualcosa ma soprattutto per dirla a qualcuno; ecco che un ascolto attivo di un professionista risulta fondamentale.
Obiettivo dello psicologo nella Residenza per Anziani è quello di migliorare la qualità della vita dell’ospite. Nel perseguire tale scopo è necessario intervenire su fronti diversi: non solo direttamente sull’ospite ma anche sulle relazioni che l’ospite ha con l’organizzazione in cui è inserito.
Sono stati identificati due livelli di attività dello psicologo all’interno delle Residenze per Anziani:
-diretta: riabilitazione psico-comportamentale dell’ospite (che comprende, tra altri, la valutazione diagnostica; il sostegno psicologico all’anziano nei momenti di particolare difficoltà (attraverso colloqui); le attività di tipo terapeutico-riabilitativo rivolte al singolo o al gruppo (Rot, Doll Therapy, ecc…), volte al mantenimento delle abilità residue, a stimolare la comunicazione, la socializzazione; l’intervento nella fase dell’accoglienza dell’ospite in struttura, cercando di facilitare l’ingresso nella residenza per anziani, ponendosi come tramite tra la famiglia e la struttura).
-indiretta: cioè la formazione e supervisione degli operatori e/o la consulenza e/o supporto alle diverse reti formali e informali (figure professionali, familiari, volontari, badanti).
Lo specifico dello psicologo si sviluppa nella clinica, in quanto operatore formato all’ascolto, e in equipe, come mediatore tra vissuti, esperienza e competenza.

Il concetto biomedico di salute e benessere definisce la salute come assenza di malattia, ciò implica che la presenza di malattia escluda la possibilità della salute. Secondo questa logica, durante la vecchiaia la salute diviene nei fatti incompatibile, vista la presenza di cambiamenti fisiologici legati al processo di invecchiamento che certamente riducono l’efficienza e la funzionalità dell’individuo.
Con la successiva ridefinizione del concetto di salute come il grado in cui un individuo o un gruppo è capace, da un lato, di realizzare aspirazioni e soddisfare bisogni, e dall’altro, di utilizzare le proprie risorse sociali e personali, così come le capacità fisiche per modificare l’ambiente vengono invece riconosciute insieme alle determinanti biologiche della salute quelle cognitive, comportamentali, ambientali (sia in senso fisico che sociale).
In questo senso il benessere può essere definito come una condizione caratterizzata da un buon livello di soddisfazione dei bisogni, una soddisfacente qualità della vita, equilibrio, serenità, accettazione del proprio stato individuale e sociale; questo è l’obiettivo verso cui ogni persona tende costantemente.

QUANDO INIZIA LA TERZA ETÀ
Se una definizione netta di terza età non è possibile da una prospettiva bio-psico-sociale, Birren propone una distinzione tra età biologica, psicologica e sociale, parlando in particolare di “invecchiamento primario, secondario e terziario”.
Con invecchiamento primario si indicano le modificazioni intrinseche nel processo di invecchiamento; sono cambiamenti legati all’età, inevitabili e generalmente irreversibili che comportano, ad esempio, Rallentamento motorio, Diminuzione della vista/udito Comparsa delle rughe e capelli bianchi, Minor resistenza agli agenti infettivi.
L’invecchiamento secondario si riferisce invece a quei cambiamenti che non sono inevitabili, ma sono causati per lo più dalle condizioni ambientali e da agenti esterni, dipendono molto dallo stile di vita, come ad esempio dalla mancanza di esercizio fisico e da comportamenti di abuso, quali il fumo o l’assunzione di alcol. Esempi di invecchiamento secondario sono lo sviluppo dell’osteoporosi, della ipertensione e del diabete. Si tratta di malattie che, benché correlate con l’età, sono reversibili o possono essere prevenute.
Successivamente è stato introdotto anche il termine “invecchiamento terziario” per indicare quella serie di processi deteriorativi che si verificano precipitosamente nei mesi che precedono la morte (Birren, Cunningham).
La persona anziana quindi si trova ad affrontare cambiamenti importanti, spesso concomitanti, specifici del periodo della vita che sta attraversando.
Con l’invecchiamento, anche il funzionamento cognitivo della persona (capacità di attenzione, concentrazione, memoria, ragionamento logico, linguaggio) subisce dei cambiamenti. L’anziano fatica a ricordare avvenimenti del suo passato più recente; la risposta del sistema nervoso centrale agli stimoli è più lenta; l’anziano tenderà a utilizzare sempre gli stessi schemi di pensiero e avrà difficoltà a considerare ragionamenti alternativi.
D’altro canto, non dobbiamo dimenticare che con l’avanzare dell’età aumenta la tendenza al ragionamento, gli anziani sono molto più abili nel capire il senso generale di quello che accade attorno a loro, migliora la capacità di apprendimento, ma si selezionano di più le aree di interesse.
Tutte le caratteristiche della terza età sono da contestualizzarsi in un altro fondamentale cambiamento di questa età: il rapporto con il tempo. Ci auguriamo che questo tempo sia un buon tempo di “ascolto”.

Ornella Sabbatini, Psicologa, Psicoterapeuta

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