Il mio bambino

CONTRO-SENSI

Menotti Lerro è ormai una promessa sicura della nostra letteratura. Una voce, che risuona dal nostro Sud, sconfinato e selvatico, e che si protende verso orizzonti illimitati, com’è giusto che sia per una poesia, la quale aiuta la vita a viversi.
E questa ultima dichiarazione permette di penetrare il labirinto di parole, nel quale il nostro poeta ama perdersi e ritrovarsi, attraverso un’alternanza di moduli e di registri stilistici, che passano dal racconto più elementare ed essenziale, quello per intendersi che si pronunziava davanti al focolare nelle lunghe sere invernali, a un altro più esemplare ed ermeticamente evidente nell’insistito gioco sinestetico, del quale il poeta rivela certa coscienza e sorprendente sicurezza.
[…]
Poesia profetica ed autunnale è, dunque, quella che si propone, intelligente nel sapere che la poesia non serve a niente, ma anche sensibile nell’avvertire che essa resta un bene superfluo, di cui non si può assolutamente fare a meno.

Francesco D’Episcopo

Un ballo celeste

[…] C’è una specie di trascendenza nelle poesie di Menotti dal quale lui guarda il mondo, una spiritualità dove riesce a sublimare questa terra dominata dal male e dalla morte anche se il male e la morte hanno partita vinta. Questo angelo ferito, che in certi momenti chiede alla poesia di più di quanto essa possa dare, combatte con la vita e con la morte, dandoci una poesia triste e sublime.

Roberto Carifi

Lettera a mo’ di Prefazione

[…] i sessantatré componimenti inaugurano un percorso che incomincia con la figura del padre (credo tuo padre, che poi diventa anche tuo figlio) e si conclude con il grande tema della vanità, del «correr dietro al vento» (così recita il frammento dell’Ecclesiaste che hai posto in esergo) o dell’«abbracciare il vento», come invece tu rettifichi lievemente a congedo del libro.
[…]

Giuseppe Lupo