Sergio Ottaiano, giovane esordiente già segnalatosi in più occasioni di concorsi letterari, debutta in narrativa con il racconto lungo o romanzo breve Un’Ucronìa e dà prova immediata del vasto entroterra culturale che si è formato alle spalle, con radici nel pessimismo solipsistico di Carlo Michelstaedter, maestro nella contrapposizione dialettica pura e cruda di vita-morte (morte, vita, / la morte nella vita; / vita, morte, / la vita nella morte). Dallo scrittore goriziano, anche esperto pittore, come citazione indiretta e mediata dalle pieghe della vicenda, Ottaiano crea anche l’appoggio di un quadro raffigurante una barca in tempesta: la tela al protagonista di Un’Ucronìa suscita sentimento di pace e di sicurezza, esattamente come afferma in poesia Michelstaedter, che colloca la sua quiete nella tempesta e la sua pace nella disperazione (Senia, il porto è la furia del mare, / è la furia del nembo più forte, / quando libera ride la morte / a chi libero la sfidò). Senia è il senhal di Argia Cassini, pianista di talento. Nel libro di Ottaiano, invece, il senhal si chiama Sabin, banconista in un locale notturno irlandese. Ma c’è anche Roberto, l’amico del cuore della prima giovinezza, poi abbandonato, che fa venire alla mente il pittore Hallward del Ritratto di Dorian Gray, addirittura assassinato da Dorian. A differenza di quanto scrive Oscar Wilde, l’antieroe di Ottaiano non va alla ricerca del piacere sfrenato della vita, ma piuttosto del rammarico più tetro per la non-vita, cioè quella esistenza a cui si è definitivamente rinunciato compiendo delle scelte alternative. C’è un effetto dantesco di contrappasso, per cui in Wilde il protagonista resta bello mentre il quadro diviene un mostro, ma in Ottaiano, che è indagatore della non-vita – cioè l’inverso di Wilde – il quadro resta bello, mentre diviene un mostro il protagonista, ossessionato dai demoni e costretto a vivere nell’oscurità della scrittura, cui solo il sogno può portare la luce accecante del sole, come per altro insegna Calderón de la Barca in La vida es sueño. Prova di scrittura decisamente riuscita, questa di Sergio Ottaiano, che si segnala per l’ardita costruzione innovativa di una tesi tanto nuova, quanto consapevole della tradizione da cui discende e, quindi, erudita e raffinata.

Sandro Gros-Pietro

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