Prefazione

Antonio D’Elia ha al suo attivo un gran numero di raccolte poetiche, pubblicate, a partire dal 2015, da Genesi Editrice, che hanno ricevuto giudizi favorevoli da critici letterari di altissimo livello, quali Giorgio Bárberi Squarotti e Francesco D’Episcopo. È presente nel numero 59, anno XXVII, della Rivista di Formazione e Cultura Vernice con una selezione delle sue poesie, nella quale si incontrano motivi di fondo presenti anche nella silloge I fiori del Salento.

Com’eravamo gelosi / del nostro amore, / … / Siamo troppo freddi per quell’ardente amore, / siamo nell’inverno.

Camminando con la vita / la giovinezza ho smarrita. / Allontanarsi ha tanta voglia / di casa ha varcato la soglia /…”

… / Ah, sei lontana / io invano ti chiamo / per dirti ti amo / ormai sei lontana.

Il Salento, terra d’origine del poeta, è presentato all’inizio del libro come un luogo dove si inneggia alla vita con “canti festanti” che “ … / si riflettono / nell’anima / e toccano / il cuore”, ricco di “doni”, i suoi “FIORI”: il cielo sereno, il mare, il vento, gli ulivi, l’odore di zagare, elementi ripetutamente evocati nei versi e che formano un filo conduttore tra le liriche. Tuttavia, sebbene “… il sole / splende / come la vita / … il mare / riflette la luce. / …nel Salento / il mare / rode lo scoglio / come il tempo / la vita. /…nei giorni / solitari la gente / parla con la luna.”

Il sole è simbolo dell’esistenza nella sua pienezza, la gioventù, alla quale è contrapposto l’amaro isolamento della vecchiaia, i “giorni solitari”, nei quali si ha la luna a compagna.

Gioventù festa di parole / erede della luce e del tempo / benigno emblema di sogni. / Assenza di ombre…

Alla giovinezza è associata la luce, sono escluse “le ombre” che competono ai “giorni solitari”, della tarda età, nei quali si è confinati nella silente oscurità notturna.

Nel convito dei ricordi / s’apre il passato con notti / di luna…

La luna diviene allora la muta confidente cui narrare le trascorse vicende.

La vita crolla / con la luna / e le stelle / nella notte oscura, / ricordo del tempo / disperso nell’inganno.

Il “tempo disperso nell’inganno” è la gioventù. L’inganno insito nella parte più lieta dell’esistenza fa tutt’uno coll’inganno della natura, denunciato da Giacomo Leopardi nel Canto A Silvia:

O natura, o natura, / Perché non rendi poi / Quel che prometti allor? perché di tanto / Inganni i figli tuoi?”.

Nella “notte oscura”, nella senilità, permane comunque il ricordo nostalgico della giovinezza.

Ricordo le sere / di festa, quando / noi giovani / avevamo nelle mani / il gioco della vita. /… Con la luna / c’era l’amore / accompagnato / dai sogni.

Amore, rimpianto della giovane età, orrore della vecchiaia, sono i temi del poeta elegiaco greco Mimnermo, riecheggiati da Leopardi nella chiusura del Canto Il tramonto della luna.

Ma la vita mortal, poi che la bella / Giovinezza sparì, non si colora / D’altra luce giammai, né d’altra aurora. / Vedova è insino al fine; ed alla notte / Che l’altre etadi oscura, / Segno poser gli dei la sepoltura.”

La luna ha molteplici ruoli nell’universo poetico di Antonio D’Elia, differenziati secondo l’età: riesce a far vibrare “… i cuori / degli amanti /… e inventa amori odorosi”, ricchi di parole dolci, profumate, ma, compagna e confidente degli ultimi anni, è anche capace di evocare le ombre dei trapassati.

Sei venuta / a ricordare / con parole / il nostro amore. / Non hai pensato / che nell’ombra / le parole sono / incomprensibili? /…

Viene col vento / l’eco della tua voce / letizia di suoni, / serbata a me. / Anche la luna / ti attende.

Ignoriamo / i messaggi / che vengono / da spazi lontani, / ci chiediamo / è la vita in fuga?

Il nostro tempo potrebbe andare oltre quello della terrena esistenza; parafrasando il filosofo Henry Bergson e senza porre all’ interpretazione del tempo come soggettiva “durata” il limite segnato dalla vitalità del corpo, Antonio D’Elia afferma:

La nostra vita / non si misura / con le ore segnate / dall’orologio.

perciò gli è naturale chiedere a una persona scomparsa, forse amata:

Ti ascolto / nell’indifferenza / degli altri. / Quante volte mi ascolti?

Il giorno non invoglia a ricordare, a riflettere, “… / cela gli errori e gli amori / traditi…”, è la luna che “… fa luce all’ombra / che inquieta il mio sonno.”

Compare un altro significato del sostantivo “ombra”: “errori ed amori traditi” che, rievocati, divengono rimorso e rendono inquieto il sonno. Tuttavia la luna, in questo suo ulteriore ufficio, suscita, “fa luce” non solo alle ombre, agli sbagli, agli inganni, ma anche ai “sogni” dimenticati della giovinezza.

È l’ora / dell’ascolto / in questa sera / d’estate. / La luna / mi racconta / i sogni / dispersi dal cuore.

Il luogo dei sentimenti è il cuore e nel cuore si annida l’amore, sempre “accompagnato / dai sogni.

L’amore è oggetto di liriche intense, nelle quali il poeta si spoglia della malinconia dei giorni tristi della vecchiezza, torna a vivere nell’inganno ordito dal cielo, quando esso lo “/…lusinga… / col giorno pieno / di luce,…”

Accosta le tue labbra / sulla mia bocca per lasciare / l’impronta del bacio. / L’accostare lo splendore / del giorno si sente, perché / sei l’astro splendente.

Anche l’amore può avere un termine. “… / Ah, gli amanti nella cadenza / del loro amore… / si lamentano delle lacrime / versate per l’amore / che nel cuore s’estingue.

Verità questa di cui parlò anche Marcel Proust per bocca di Swann, personaggio del romanzo Alla ricerca del tempo perduto, allorché il suo amore per Odette si spense:

E dire che ho perduto tanti anni della mia vita, che ho voluto morire, che ho avuto il mio più grande amore, per una donna che non mi piaceva, che non era il mio tipo.

Sogno, oltre che fantasticheria a occhi aperti significa anche visione durante il sonno; l’autore crea una similitudine tra i due sensi della parola avvalendosi dell’opposizione tra Io-a(ltro) e Es-A(ltro) dello psicoanalista Jacques Lacan.

Il sogno dell’uomo / assomiglia / all’inconscio della vita, / vive evitando i giorni / nella confusa sorte.

L’inconscio della vita è l’Io, il cui a(ltro) sono gli oggetti con cui esso si identifica a livello immaginario, mentre il Soggetto della psiche è l’Es, il cui A(ltro) è l’ordine simbolico-linguistico, l’impersonale modo di sentire e giudicare derivante dall’educazione e dalla cultura, che il poeta identifica colla “confusa sorte”, l’indistinto, condiviso da tutti, destino.

Nell’essere umano il sogno rompe le regole osservate dall’Es, il Soggetto comune che parla nelle relazioni sociali, ne “evita i giorni”, ne trascura gli ordinati accadimenti.

… / Non mi riconosco / nei giorni uguali, / penso sia l’altro / a scrivere i miei versi.

Ai “giorni uguali”, vissuti secondo le regole dettate dall’ordine simbolico-linguistico, Antonio D’Elia antepone la libera immaginazione, le congetture fantastiche, il mondo a(ltro) dello Io che è l’ispiratore delle sue rime. Chi va oltre la cultura e le consuetudini sociali del proprio tempo e anticipa il futuro riesce a farlo perché non ha accettato la “funzione simbolica e normativa” del padre.

La politica è un altro tema oggetto di riflessione. Antonio D’Elia ne parla in modo disincantato.

Non bastano le parole / né i simboli / cambiano / il modo di vivere. …la vita … / È ancora offuscata / di monotonia / che opprime la libertà.

L’impegno letterario, al quale egli ha dedicato una buona parte dell’esistenza, non ha alcun valore: “Le parole sono / un gioco stolto / della vita, / bruciano lentamente.” Le parole a poco a poco si dissolvono, le pagine scritte scompaiono. Riaffiora l’assoluto pessimismo leopardiano.

Così come nelle composizioni musicali i momenti gioiosi e quelli tristi o nostalgici sono intercalati da scherzi, nelle composizioni poetiche l’inusitato impiego di termini ha il suo legittimo posto. “Prendi l’amore / … ormeggialo al cuore. / Fra poco salpano / i miei baci / e vanno lontano.

Le poesie sono collegate le une alle altre, oltre che dai “doni” del Salento, da altri segni linguistici, che concettualmente si richiamano, oppure dal medesimo segno utilizzato in diversi significati. Se si lascia al lettore il diletto di individuarli, è però importante osservare che con questo accorgimento la silloge diviene una totalità strutturata: partendo dall’eco dei lieti canti del Salento, con continui rimandi da lirica a lirica essa conduce a un omaggio finale alla luna, protettrice degli innamorati, dopo avere tratteggiato in brevi composizioni, ricche di metafore e dense di contenuto, tre grandi domande dell’umana esistenza: cosa poter fare, in cosa poter credere, in cosa poter sperare. Se riguardo al fare e al credere prevale in Antonio D’Elia il disincanto, riguardo allo sperare egli dichiara “Noi camminiamo per il nostro / sentiero, sappiamo che / domani un’altra vita ci aspetterà.

Paola Grandi

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