PREFAZIONE

Maria Teresa Codovilli ha raggiunto la piena maturità espressiva e ha realizzato un percorso di scrittura a tal punto prestigioso e ricco di risultanze da essere divenuta nota a tutto il pubblico specializzato della poesia, che è composto principalmente da altri poeti e da alcuni fedeli cultori della poesia, i quali agiscono per lo più come critici professionisti, più raramente come silenti e riservati lettori. Gli esordi della pubblicazione sono stati relativamente tardivi, perché, come bene si sa, la Codovilli ha alle spalle un fiorente passato di pittrice, che le ha recato una notorietà di riguardo sia in patria sia all’estero. Ma da venti anni a questa parte, la sua espressione di riferimento e di maggiore riguardo culturale è stata tradotta dalla pittura alla scrittura poetica. Il battesimo poetico di Codovilli ha ricevuto l’avvallo di Carlo Villa. All’esordio, la scrittrice andava collocata all’interno del panorama dello sperimentalismo linguistico che tanto furoreggiava, specie in Italia e in Francia, in quegli anni di strutturalismo e di analisi psicanalitica ed estetica del linguaggio della poesia. La sperimentazione di nuove forme espressive fu l’obiettivo predominante delle prime pubblicazioni. In quegli anni, la scrittrice avvertiva l’esigenza di liberarsi dal linguaggio dell’ambiguità e del logorio delle soluzioni adottato dalla tradizione e di cercare nuove strade che consentissero al poeta di uscire dal labirinto a specchio rappresentato dalla forme usate e abusate del passato. I suoi lavori sono stati accolti positivamente dalla critica letteraria anche più esigente. Tra gli altri si sono positivamente interessati al suo lavoro Maria Luisa Spaziani, Maurizio Cucchi, Sergio Zavoli, Mario Luzi, Paolo Ruffilli, Giampiero Neri, Giovanna Ioli, Milo De Angelis, Giorgio Barberi Squarotti, Umberto Giacomucci, Paolo Valesio. Particolarmente importante, in questo primo periodo di attività poetica, è stato lo studio della forma delle parole, le quali, riunite nel sistema complessivo dell’opera, tendevano a assumere un significato autonomo e portante. Questo tipo di lavoro, di impostazione prevalentemente linguistica, raggiunge la sua pienezza espressiva con il secondo libro, dal titolo già rivelativo, precisamente In segno sonda, che esce nel 1997, con prefazione di Renzo Pavese. Anche il libro successivo, D’arialuce, la mia terrestrità, che è uscito nel 1999 con prefazione di Giovanna Ioli, continua a essere principalmente una esplorazione strutturalista del fare poetico, e quindi propone una decisa predominanza dell’aspetto complesso e totale della struttura dell’opera, rispetto alle tematiche e agli argomenti trattati, i quali ultimi tendono a sfumare in una sostanziale irrilevanza di spunti occasionali. Tuttavia, nel 2001, con l’uscita del nuovo libro di poesie che si chiama Nell’attimoframmento con prefazione di Antonio Gagliardi e ancora di più l’anno successivo, con l’uscita del quinto libro Di multiplo verde all’imbluire, che si avvale di un saggio introduttivo di Neuro Bonifazi, la scrittrice, senza mai rinunciare alla sperimentazione linguistica, sembra tuttavia porre un freno alla ricerca quasi ossessiva delle nuove forme poetiche, e riporta l’acme degli interessi del poeta sull’intreccio dialogico del discorso che va conducendo dentro il libro. Sempre più ogni libro tende a divenire un fitto dialogo di corrispondenze poetiche, avviate da Codovilli e indirizzate a bene individuati e riconoscibili poeti dell’attualità e talvolta della classicità. Poco per volta, Codovilli apre la sua struttura complessa, impermeabile, talvolta addirittura ostica della nuova poesia che lei ha inventato: la apre, si diceva, a un invito conviviale e ideale di gemellaggi con altri poeti, certo non scelti a caso, ma tuttavia non più inseriti in una logica ferrea di sperimentazione linguistica, bensì convocati ed evocati e corteggiati e ospitati nei suoi versi per un confronto di “anime dolenti e ridenti”, che si scambiano idealmente la testimonianza del loro fare poetico. In questa metamorfosi di contenuti e di forme, molta importanza tornano ad assumere le tematiche, gli argomenti, le ragioni dello stile, addirittura altre cose che un tempo sarebbero parse un assurdo agli occhi della Codovilli prima maniera: il contesto storico e la collocazione episodica, relativistica e personale, di ogni singolo poeta, sono elementi che vanno acquistando sempre più densità e spessore dentro la poesia di Codovilli. Se è vero che la forma del fare poetico mantiene sempre una vivacità creativa irrefrenabile, è altresì ancora più vero che il dibattito poetico si fa una questione di scelte di cultura tutte giocate sul hic et nunc, cioè agganciate alla realtà fenomenica, al consumo dei giorni e delle parole, a quel macinarsi logorante del tempo da cui, primieramente, la Codovilli aveva tentato di sfuggire per elaborare la forma pura e incontaminata del fare in versi, che fosse una struttura con una sua autonomia totalmente indipendente dalla realtà di spazio e tempo in cui il poeta opera. È superfluo dire che nell’evoluzione della sua poetica, la Codovilli ha immensamente guadagnato in significanza e in spessore del messaggio elaborato in versi. In realtà, la poetessa si portava in petto questa trasformazione accrescitiva delle sue capacità d’espressione poetica. Infatti, l’accostamento di ogni libro pubblicato, fino dal secondo, con un elaborato poemetto di intento sostanzialmente episodico-narrativo-filosofico e – se è consentito il termine – anche un poco sapienziale, già la diceva lunga circa la necessità di condurre il suo “fare poesia” ad un approdo costruttivo che fosse sostanzialmente un dialogo con un interlocutore idealizzato. Codovilli ha splendidamente trovato il suo interlocutore d’affezione nel “pubblico della poesia”, cioè negli altri poeti, di cui ha studiato e vagheggiato le forme, gli argomenti, le posture ideali e formali, e con i quali, nei suoi libri di poesia, oggi pienamente dialoga, con un fascino d’interpretazione che è giunto a essere uno dei risultati estetici e contenutistici più ricchi di possibilità di sviluppo della poesia italiana di questi anni.

Sandro Gros-Pietro

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