<b>PREFAZIONE</b>

<i>La suprema macchina elettrostatica</i> è un poema epico grandioso, volutamente paradossale in modo da apparire spinto oltre i confini della scienza e della fantasia. Ciò che all’autore preme come esigenza primaria è liberare la poesia e l’arte in genere dai legami troppo stretti con la realtà spicciola e con il tornaconto immediato delle cose: la consequenzialità meccanicistica di corrispondenze acclarate e concausali alla ferrea concatenazione delle interdipendenze razionali. La ragione e più esattamente <i>le scienze</i> appaiono agli occhi di Veniero Scarselli, che proviene da una professione di studioso delle scienze, una condizione di cecità ingannevole o comunque un balbettio inconcludente di teorie suppositive. La vera dimensione della sapienza è, dunque, il sogno immaginativo ovvero l’al­lusione fantastica. Grandissimo demiurgo della poesia italiana contemporanea, Scarselli da tempo insiste ad aprire l’orizzonte della poesia sul versante poetico del poema favoloso, avulso dalla realtà, tuffato in un’immaginazione scatenata di affrancamento del pensiero umano dai confini restrittivi della logica spicciola. In Scarselli tutto nasce dal binomio oppositivo studiato da Erich Fromm, <i>avere o essere</i>, nel senso che il poeta attribuisce all’<i>avere</i> il concetto di ofelimità del quotidiano e all’<i>essere</i> la fastosità del sogno. L’essere, dunque, è l’ipotesi suprema che tutto contiene, ed è a tale punto completa da essere totalmente indescrivibile. Si può raggiungere l’essere – e giungere ad abitare nello spazio immenso di chi è, cioè di chi ha ottenuto la cittadinanza della Città Celeste – solo attraverso le ali del sogno, del mito, della favola, della proiezione della mente nella regione affrancata dell’assurdo, in cui la logica è sostanzialmente analogica. Veniero Scarselli è un grande maestro di libertà, e la libertà più importante da conseguire è quella che affranca dai legami della verosimiglianza, dell’opportunità logica, della temperanza cautelativa delle ipotesi, dello scontorno esplorativo del reale, quest’ultimo capace di costringere l’uomo a rimanere attaccato viscosamente ai processi meccanicistici come una mosca lo è al vetro, senza alcuna possibilità di volare oltre. Scarselli si impegna a insegnare – o quanto meno a rammentare – quanto sia esaltante (e artistico) per l’uomo il volo libero della fantasia, quali spazi immensi di libertà e di dilatazione dell’essere siano raggiungibili dall’uomo qualora si dimostri capace di superare i vincoli meccanicistici dell’<i>avere</i> e di tutti i teoremi corollari che ne discendono. Questo immenso territorio della mente umana, che si estende al di là dell’<i>avere</i> cioè del possesso denotativo e descrittivo della realtà, è un territorio che appartiene all’uomo da sempre e che si riveste di mito, di credenze folcloristiche, di fede religiosa, di voli fantastici, di esplorazioni fantascientifiche e altro ancora. Ma è anche un territorio che la cultura contemporanea ha sostanzialmente recintato con i paletti della ragione e ha delimitato come zona a rischio e contaminata da una propensione evasiva al rispetto delle leggi sul tornaconto e sul riscontro immediato del reale: è una zona off limit per l’intellettuale ossequioso del canone imperante. Tanto può bastare perché uno spirito ribelle come Veniero Scarselli decida subito di concentrare la priorità dei suoi interessi di poeta proprio su questa zona proibita ai benpensanti e ne faccia il suo mito personale. Questo mito, nella sua espressione più forte ed evoluta, si chiama <i>la suprema macchina elettrostatica</i>. Si tratta di un’invenzione, nel significato etimologico del termine: è una grande <i>trovata</i>. Nel poema si arriva a questa “trovata” scalando la montagna sacra, che può essere metafora di quella tale <i>montagna incantata</i> dispersa nella temperie alpina della Svizzera, nei pressi di Davos, sulla quale discettava Hans Castorp nel romanzo di Thomas Mann, dedicato alla decadenza della raffinatissima civiltà europea, già nel lontano 1924. Dunque, il poeta scala la montagna della sapienza, sottoponendosi a un cimento esplorativo assai faticoso, gustosissimo da leggere nella sequela inventiva delle ricche metafore con cui è descritto. Nell’ultima erta della montagna, viene incontro al poeta la Super-Gemma, la quale nei confini negletti della realtà è sposa e compagna quotidiana di Scarselli. Nel fasto del poema, invece, Super-Gemma è novella eroina angelicata di tradizione dantesca, ma con ascendenti epici radicati niente meno che nel mito euridiceo e in quello di Proserpina: è donna che ha cittadinanza nell’Altrove e che è depositaria della suprema conoscenza delle cose, più esattamente è custode del seme germinativo della vita eterna, come lo è Proserpina, appunto. Con espediente che ha circa duemila e cinquecento anni di consolidata esperienza letteraria, e che risale alla maieutica socratica, a questo punto del poema si apre una vasta fase dialettica di intenso colloquio tra il poeta digiuno di sapienza e Super-Gemma tenutaria del vero, la quale si presta a spezzare il pane della conoscenza al suo beniamino. Così, sapremo della <i>macchina elettrostatica</i>, metafora del <i>deus ex-machina</i> che risolve i problemi intricati della commedia d’arte rinascimentale, e che nel caso specifico ci risolve il problema annoso delle <i>anime eterne</i>, con scariche d’energia e altri scintilloni interstellari, capaci di ridicolizzare le nostre più potenti centrali elettriche superatomiche, confinate nei risibili anditi delle scienze umane.
Il viaggio poetico di Veniero Scarselli, alla conquista della vetta sulla montagna sacra ove è collocata la piramide che irradia scariche elettriche capaci di proiettare le <i>anime morte</i> gogoliane nei campi elisi dell’eternità, è un viaggio per allusione e per metafora dentro la cultura umana, con grande rivalutazione dei miti e delle credenze popolari o folcloristiche e con una grande ripresa della sponda colta della metafisica, quella tale ripa di concezione del mondo superiore alla misura spicciola delle dimensioni del quotidiano. Ancora una volta, con la sua <i>suprema macchina elettrostatica</i>, nell’opulenza di un sogno fantastico e nel fasto del poema epico, Veniero Scarselli dà prova di essere uno tra i più grandi affabulatori di poesia della nostra letteratura contemporanea.

Sandro Gros-Pietro

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