Idiana Rubbia Paiero, triestina, vive tra Milano e Trieste.
Ha pubblicato le sillogi di poesia Il pulsare del tempo, 1996, Lontano, l’incantatore, 1997, Girasole della notte, 2001 con le edizioni Laboratorio delle Arti di Domenico Cara (Milano) e Le notti dei gatti-stella, 2001 con le edizioni Nuove Scritture di Milano.
È presente in numerose antologie fra cui: Nella fucina delle parole, Campanotto editore 1993, Le alterità intenzionali, Laboratorio delle Arti 1997, Amor sacro, amor profano, Edizioni Parnaso 1997,La parola convocata, Laboratorio delle Arti 1998, Lotto delle reliquie, idem, Intendersi per tagli, idem 2000, Poeti per Milano, Viennepierre edizioni 2002, Petali d’infinito, Il Convivio 2003, Poesie dal cuore, a cura del Centro Letterario Friuli-Venezia Giulia 2004, Milano in versi, Viennepierre Edizioni 2006.
Ha vinto numerosi premi letterari per la poesia inedita fra cui il Premio Internazionale V. Nabokov1995 Stresa-Montreux, il Premio Nazionale Laboratorio delle Arti 1996 Milano, l’XI Premio Letterario Nazionale di Haiku 1997 Roma, il Premio Nazionale A. Manzoni 1999 e il Poetry Meeting italo-elvetico 2003 a Baveno sul Lago Maggiore.
Per la poesia edita è vincitrice del Premio Nazionale Laboratorio delle Arti 1997. Ha ottenuto dall’Accademia dei Micenei il Trofeo Mediterraneo 1998 per le Arti e le Lettere.
È componente di giuria per la narrativa al Premio Stresa e al Premio Racconti romantici del Medioevo; per la poesia al premio Ketty Daneo. È socia del Centro Europeo Arte-Cultura Multimediale Spazio92 di Milano.
Collabora con diverse riviste letterarie fra cui Vernice, ove pubblica sia poesie sia fotografie artistiche di sua produzione. Ha partecipato alle mostre milanesi Oro in poesia, 2002, Risguardi, 2004, e Specularità dello sguardo, l’Io e il mito di Narciso, 2005.
“L’opera si apre a più intermittenze leggere, verso dopo verso, azione triste e sottile e – quindi – in un riaffiorare da un’isola lontana, nel largo rumore della società che grida e sfida il sogno di meditare sulle ferite e su ciò che s’è distrutto negli impuri termini del frastuono.” (Domenico Cara su Girasole della notte).
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