Patrizia Cimini vive e lavora a Roma dove ha svolto una lunga attività professionale nel settore della comunicazione di una grande azienda nazionale.
Laureata, è giornalista pubblicista.
Pubblica articoli di costume e società per testate nazionali dedicate al settore del turismo e dell’intrattenimento. Dall’88 in poi partecipa a “reading poetici” a Roma, Pescara, Verona, Milano.
Alcuni titoli: Pesci Pensieri (1988), Ad Alta voce(1991), Un Alfabeto non stupido (1992), Chat Muse (1995), Il vino versato (1995-premio Rabelais), Calendario (1997), Specchi distinti di ABC (1998), Chien Grandetaille (2005), Sporadi (2006), Obelisco/velluto d’ombra (2009), Fili di parole (2010).
È presente nell’antologia L’evoluzione delle forme poetiche a cura di Ninnj Di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo della Kairos editore (2013).
Ha prodotto il CD della iniziativa “Stop and Go”, programma di letture pubbliche, con il contributo e il patrocinio del Consiglio della Regione Lazio. Ha collaborato con la Biblioteca dello Sport del Coni/Roma per l’iniziativa di portare i libri fuori dalle biblioteche, ha pubblicato per la rivista Sinestesie “la Ciociara” di Moravia.
Ha collaborato a iniziative di diffusione della parola poetica, organizzate da Scuole, Enti Locali e Associazioni Culturali, dal 90 ad oggi.
PROFILO CRITICO:
“Il lavoro della Cimini si colloca in modo originale nel contesto di una scrittura di laboratorio, opera una ricerca che grazie anche all’ironia e ad una certa leggerezza consegue il risultato di una sensibile leggibiltà”
(Roberto Carifi, in Poesia, ed. Crocetti)
“Io dico un “fiore” e fuori dall’oblio… musicalmente si leva, idea, e soave: quello che è assente da tutti i mazzi”. La poesia di Patrizia Cimini nasce per contraddire, puntigliosamente, verso per verso, la frase di Mallarmé. Il testo poetico dovrà costruirsi, qui, attraverso scavalcamenti continui e progressivi dell’immagine, attraverso la ricostruzione di un paradigma immaginativo che gioca soprattutto sulla paronomasia, sull’anagramma nascosto, sull’ossimoro celato. In questo senso si può dire che la poesia della Cimini è una poesia antireferenzialista e antitransitiva per vocazione.
(Renata Mecchia, Università di Pescara, cattedra di Filosofia del linguaggio)
Poétesse italienne, née a Rome… a ecrit, en français, les poèmes publiés ici. Une poesie libre, écrite avec aisance, aux images d’une hardiesse toujours surprenante.
(Marcel Bauwens – ed. les Elytres du hanneton-Bruxelles)
Hanno parlato di lei: Flavio Ermini, della rivista Anterem, Tiziana Gazzini giornalista, Gianni Di Giuseppe scrittore, dirigente RAI.
e-mail: ilgattoconglistivali@libero.it
Presentazione
La luce, sia essa quella del sole naturale, o quella prodotta con altri mezzi e tecnologie ha sempre attratto la poesia.
Queste composizioni sono dedicate alla storia della luce che illumina il cammino degli umani sulla terra dai tempi più profondi fino al mito al futuro, e cioè fino alla tecnologia che ottiene la luce con i moduli fotovoltaici.
Ra
Leggo di te del tuo potere
Spezzi i serpenti del male
E porti energia/folgore e luce.
Ogni giorno il tuo raggio
Ogni notte il tuo raggio
Nut ne fa stelle sull’abito di velo.
Ogni notte il tuo carro è altrove
Ogni giorno il tuo volto acceca
Nel Nilo operai del limo
Costruttori di templi.
Il segreto tuo non confidato
Di reggere i ruotanti universi
Nella mano caldi e vitali
Filtra nelle sabbie della valle dei re.
Come raffigurarlo e fingerlo
Nella stella del mattino
Nel Lucifero di sera
Nell’azzurro dipinto da tomba
Con universe stelle senza pace?
Ra, catturato per il buio del mondo
Nostro senza quiete e destino?
Lampioni
Luce di fiaccola ai cancelli
Rossa di faville
Un leone, due leoni fulvi
Nella notte sono fiamma
Guardiana ai tuoi sonni.
E brucia legno e brucia ramo
E brucia carbone disperato.
Nel selciato gialla la fiamma
Si ribalta altalena di guida
Nella notte delle case addormentate.
Qual è la fresca aria della luce?
E brucia gas brucia nero
E brucia uovo insospettabile.
Della veggente ampolla
lingua del veleno lampada fredda
porti il tempo del lavoro nella casa
delle Norne buie.
Bruciano olii/petroli brucia la pazienza
Brucia il sapere d’attesa/ombra.
Per noi la luce/universo calata
Nei lampioni ora ci scolpirà schegge
Di stelle lontane ed eterne.
Solar Tree
Suonano le strette gole dei piccioni
La piazza è uscio alle botteghe all’aria
Di venditori rossi e neri e rosa blu, verdastri.
L’albero di luce assiste con silenzio
Al divenire dell’ora.
Zenit diviene complice di assolo
E il sole matura gli apici di celle
Che Artemide pose sull’acciaio degli steli,
La notte distende a strati i veli.
Nell’assesto della sera la viola di luce
Canta note di richiamo, le celle parlano
D’energia presa dal giorno
E rilasciata ora nella piazza scura
Come vento solare alla
Quadrata vela della barca di Nut.
Un randagio fiuta all’albero radice
E scruta l’alto intrico di sovrapposti piatti
Che portano luce, vita, riparo dal bisogno
Come quelle foglie dell’oracolo divino
Che cadute dal sommo di quercia
Ricche, sussurravano futuramente.
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