Lo smanioso si fa largo tra le viscere d’una giovane Raffaella, un qualunque sabato di maggio d’oltre sessant’anni fa. Ostinato, tenta i successivi venti di ricacciarsi là dentro senza lo straccio d’un successo. S’agita così per Torino e provincia, ripiegando su più facili assunzioni in tronco. Traccheggia tra operai, fattorini e farabutti da fotoromanzo sotto casa. Poi, piena zeppa zona grigia, ed ecco l’avvento del delatore tivù-color. Carlo non si capacita; si lancia subito fuori dallo schermo e col fedele amicone Biancoenero, restituisce subito al suo Capo-squadra, nonché siderurgico padre Giovanni Rosso, una tazzina da caffè ricolma di sbiadito sperma. “Ora, ti devo più nulla!”, gli annuncia, col piede già fuori famiglia. Lì in avanti sarà solo un rincorrersi di scambi e commerci metallici e meccanici; marmitte, catarifrangenti, filtri aria, olio e acqua, d’ogni modello di Casa Madre e non. Il “culur” intanto dilaga e Biancoenero, Dio volesse, lo affianca come sempre devoto amico. Carluccio ostenta allora Sacre Sindoni e rosso-smunte cooperative pro-occupazione giovanile; striglia colonie estive, comitive e comitati di suore e pellegrini, arene estive e animatori e saltimbanchi e assessori. Così che quando il Cine impiastra per davvero l’ultimo rimasuglio di sua sfumatura di Grigio, voilà che lui s’arrende stavolta sul serio. Ne apre uno, suo, poi un altro e un altro ancora. Indomito imbianchino, lotta contro invalicabili muri d’imbrattatori di pellicole dai feroci nomi, Eagle, Lions, Fox ed altre agguerrite e colorite specie animali. Paga mille stipendi, escluse le oneste parcelle della fedele e coraggiosa donna sua, Giulia. E la paghetta della figlia Vittoria. Entrambe lo affiancheranno comunque affrante fino alla di lui morte, che, tra il lastrico di fornitori, creditori e i pochi e fedeli sopravvissuti amici, si narra consumarsi “parentoira” proprio attorno l’arco del primo decennio del secondo millennio, nel pesto più buio d’una delle sue sale cinematografiche, tra il primo e secondo tempo de L’uomo nell’ombra. I funerali si celebreranno mesti e nello stretto anonimato con orari 16-18,10-20,20-22,30, così che Carlo Anacleto possa parteciparvi, strappando, tra gli inevitabili rilievi SIAE, il gratuito biglietto tombale. Passano mesi di silenzio nei quali, inconsapevole, il nostro scoperchierà poi miracolosamente la sua fino allora ben rimboccata lapide; reincarnato come d’incanto in pensieri parole ed opere, nei panni d’un assai più ubbidiente e composto domestico sabaudo. L’osmotico fuoriesce così di nuovo dall’ombra e, tra bagni, cotture ad angolo, pannoloni, detergenti e fasce e garze e uro-condom, piaghe di lenzuola singole e quell’altre doppie e triple dell’Anime e da decubito, s’attrezzerà infine in grembiule a rimarginare le sue di gran lunga più superficiali. La sfanga tutt’oggi tra mari di Sicilia dove, col ritrovato buon senso del non Padre di Famiglia, sconta a piè di libro il suo inaspettato Reddito di Cittadinanza.
Pubblica nel 2019 il romanzo Curcuma e cardamomo.
Pubblica nel 2019 il romanzo Curcuma e cardamomo.
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