Allievo di Giovanni Getto, Giorgio Bárberi Squarotti gli è succeduto nell’insegnamento di Letteratura Italiana nell’Università di Torino, città dove è nato nel 1929 e dove ha vissuto fino alla morte avvenuta il 9 aprile 2017.
Vastissima è la sua produzione di carattere critico, della quale ricordiamo: Astrazione e realtà (1960), Metodo Stile Storia (1962), Poesia e narrativa del secondo dopoguerra (1963), Simboli e struttura dello stile del Pascoli (1967), La forma “tragica” del “Principe” e altri studi sul Machiavelli (1966), La narrativa italiana del dopoguerra (1966), Camillo Sbarbaro (1968), Il gesto improbabile. Da tre saggi su Gabriele D’Annunzio (1971), L’artificio dell’eternità (1972), Gli inferi e il labirinto da Pascoli a Montale (1974), Poesia e ideologia borghese (1976), Poesia e narrativa del secondo Novecento (1978), Il potere della parola (1984).
Tra i suoi libri di poesia ricordiamo: La voce roca (1960), La declamazione onesta (1965), Labirinto d’amore (1973), Il velo (1975), Finzione e dolore (1977), Notizie della vita (1977), Il marinaio del Mar Nero e altre poesie (1980), Ritratto d’intellettuale (1981), La donna delle Langhe e altri fantasmi (1982), Visioni e altro (1983), Da Gerico (1984), Dalla bocca della balena (1986), Un altro libro (1988), In un altro regno (1990), La scena del mondo (1994), In vista del porto (1997), Dal fondo del tempio (1999).
Ha scritto Silvio Ramat nella sua prefazione a Le maschere invarianti, un’antologia pubblicata dalla Casa Editrice Genesi di Torino nel maggio 1992 e contenente parecchi testi poetici di Bárberi, che c’è in lui “il piacere della scrittura e insieme il senso della sua connaturata inadeguatezza; l’impagabile lampeggiamento dell’“occasione” ma anche la sua irriferibilità a un cosmo che l’armonizzi e la plachi…”, oltre ad “una castità essenziale del conoscere” ed “una sobrietà del sognare”. Sono, queste, osservazioni che gettano molta luce sul notevolissimo lavoro compiuto negli anni dallo Squarotti poeta.
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