L’aria di questi giorni
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Prefazione Nella poesia di Piero Costa convivono due anime complementari, il rispetto della tradizione e la testimonianza della modernità. Già in questa felice endiadi poetica Costa mette in luce la sua appartenenza alla linea poetica piemontese. Ammesso che esista una linea piemontese che unisca la poesia di personaggi come Enrico Thovez, Nino Oxilia, Giovanni Cena, Ernesto Ragazzoni, Guido Gozzano, Cesare Pavese e Primo Levi – per fermarsi solo alla citazione di alcuni nomi scelti tra i più noti poeti del Piemonte già scomparsi e ormai ritenuti dei classici, con esclusione dei viventi tuttora operativi – è evidente che tale linea di congiungimento assumerebbe la configurazione di un’area di insieme, cioè un comune territorio di intesa consistente nell’esercizio della memoria letteraria e nella vocazione alla descrizione della modernità e dell’attualità di costume sociale e politico. Se si vuole semplificare fino al punto di apparire quasi dei critici superficiali tanto si sia disposti a generalizzare concetti e valutazioni, la caratteristica del poeta piemontese – sempre ammesso che sia lecito parlare di una specifica piemontesità all’interno della letteratura italiana – consiste nell’essere un Giano bifronte, capace di guardare con lo stesso criterio di appartenenza e di partecipazione sia il passato sia il futuro. Se vogliamo è anche un criterio di prudenza operativa: quella curiosità insaziabile alimentata verso il futuro, troverà sempre, nel poeta piemontese, una forza calmierante nella conservazione e nella collezione del passato. Una simile considerazione funziona già se non da ritratto da autore per lo meno da quadretto sinottico dell’opera e della personalità di Piero Costa, poeta piemontese bene radicato nella sua Torino, più esattamente nella cittadina di None, sita nella seconda cintura cittadina della capitale del Piemonte. Sandro Gros-Pietro |
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