Stagioni
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Prefazione Alpinista e scalatore, Accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna, Pierantonio Milone si porta da sempre nella mente e nel cuore l’amore senza riserve per la natura, gli alberi, i fiori, le marine, le scogliere, i litorali lacustri, le brughiere, i boschi e le tante creature che abitano tali luoghi o che volano per i cieli sovrastanti. Il suo amore per la natura è da intendersi come una declinazione articolata delle forme della bellezza. Forse, si tratta di una serie di icone ovvero di metafore: le nuvole, i refoli, i riverberi, i petali, i tronchi, le acque sorgive, le foglie marcite e un ulteriore e indefinito elenco di altre occasioni di ricchezza naturale altro non sono che presagi di situazioni, sentimenti, emozioni, accadimenti. Sono autentici simboli di vita e, quindi, anche di morte, poiché quest’ultima è da considerare la parte perfettiva che conclude il viaggio. Un viaggio che si esplica in un continuo atteggiarsi di modificazioni vuoi armoniose vuoi dirompenti, in qualche modo sempre ripetitive eppure mai uguali l’una all’altra. Sono le stagioni. L’etimologia è chiara: da statio, stationis, cioè la fermata, il momento della sosta, la meditazione, l’atto memoriale che si accompagna e si unisce all’attesa del futuro che ci aspetta. Ancora una volta è il gusto della vita, che viene ruminato con calma, digerito con assennatezza, anche con la resa al volere degli eventi. È, dunque, questa la pazienza dei forti: la concessione della pausa. Il prendere fiato nel corso del cammino. Si fa stationem: si dà un senso alle cose che sono avvenute e che già danno avvisaglia di quelle che avverranno nel prossimo futuro. Sandro Gros-Pietro |
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