Per carmina quaero
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PREFAZIONE Tra le varie definizioni dell’eros trionfa ai tempi attuali la celebrazione dell’azione copulativa che rappresenta gli amanti come virtuosi ginnasti del sesso. Ma non è sempre stato così, e neppure oggi la moda si impone come regola universale. Poiché il gioco della seduzione amorosa è sempre stato nel trascorrere dei secoli la sublimazione del desiderio per antonomasia che si realizza in una simbiosi partecipativa di essere e di avere, di dare e di ricevere, di gioia e di dolore, di felicità e di afflizione: ciò finisce per trasumanar l’eros verso una sponda d’indefinita quintessenza dell’umanità, di molto superiore alla fisicità dell’atto amatorio, e dai confini incerti tra il mondo reale, da una parte, e l’interpretazione sovrana del desiderio umano circa la perfezione dell’essere, dall’altro lato. Il vero autentico amore è una declinazione in forme possibili dell’impossibile: ciò crea immensa gioia e ciò decade inevitabilmente in una catarsi dolorosa, ma anche purificatrice e rigeneratrice, che conduce a un arricchimento conclusivo, quand’anche abbia una soluzione tragica. L’amore è per i chimici un evento inconcepibile, infatti l’energia liberata appare superiore a quella impiegata, per cui andrebbe a farsi benedire la legge di Lavoisier, secondo la quale in un sistema chiuso, come quello amoroso, nulla si crea e nulla si distrugge, e tutto ciò che c’era prima si ritrova nella stessa identica massa anche dopo l’evento. Invece no, ciò non succede se il sistema chiuso è il regno di Eros, perché ogni storia d’amore produce uno sconvolgimento totale del sistema, che si arricchisce a dismisura e in modo esplosivo. Con buona pace di Edmondo De Amicis, amore e ginnastica, dunque, non sono termini identitari e neppure sequenziali, ma piuttosto anelli di una catena analogica forse improbabile. Sandro Gros-Pietro |
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