Mixtura
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Prefazione Tra gli insetti più solerti nel partecipare allo spettacolo di bellezza che il mondo offre vi è indubbiamente la cicala, che Esopo ha ingiustamente mortificato criticandone l’inutilità del canto e che ha posposto, nella scala dei meriti sociali, all’operosa formica, la quale pensa unicamente a modificare l’ambiente in cui vive: costruisce immensi formicai e ammassa ingenti riserve di cibo a vantaggio degli innumerevoli discendenti. Eppure è la cicala a ricevere la massima attenzione da parte di poeti e filosofi, e non solo da costoro, ma anche da parte degli innamorati, dei curiosi, e addirittura dei contadini che la trovano divertente e inoffensiva, in quanto salvo rarissime eccezioni, la cicala non nuoce affatto agli alberi della cui linfa si nutre, ma nel contempo diletta il creato col canto, senza molestare gli uomini con punture o peggio ancora diffondendo malattie pericolose. Di straordinario interesse è la poesia Pioggia, così scopertamente simbolista da percorrere un differente canale di comunicazione del dettato poetico rispetto a Cicala, la lirica appena commentata. Qui, c’è una ripresa della tradizione simbolista, al punto che la Poesia viene rappresentata come la Silfide dei boschi, il “madido fiore” che vive nell’ambiente di una selva incantata, cioè, fuori di metafora, vive all’interno dei prodigi della letteratura, che è una condizione bene diversa da chi vive nei gomitoli intrecciati della realtà, anzi la Poesia costituisce un’invenzione/agnizione simbolica e deformante del mondo reale, tra interpretazioni, allucinazioni, miraggi e proiezioni di verità profonde. La poesia si presenta sostanzialmente come la musica delle cose e dei fatti, un concento di parole e di pensieri, di eventi e di sogni, incorniciato in armonie di suoni e di immagini. Il testo si colloca in un’atmosfera vagamente neo-decadentista o anche post-modernista di impronta dannunziana, c’è un’eco di La pioggia nel pineto, ed è proprio la pioggia l’elemento vivificatore da cui prende spunto l’intera costruzione poetica, che, esattamente come in d’Annunzio, si dipana principalmente sulla metamorfosi della realtà e sul trionfo dell’amore, in un’argomentazione che ancora una volta è scritta in chiave di affabulazione, come fosse una fiaba popolata da presenze fantastiche: “Nel caso il tuo corpo di roseo bocciolo dei prati / poi si dissolvesse e la tua bocca verde si negasse ai baci di ranocchi assurdi, forse il giaciglio / ti accoglierebbe bella come dicono sia ogni stella”. Ulteriori canali di racconto poetico sono forniti dai modelli di stile espressi in Poesia colloquiale e in Poesia sociale. La prima sviluppa la formula della “poesia prosaica”, cioè della costruzione di un’atmosfera poetica che è un tuffo nel “gomitolo intrecciato della realtà”, anziché essere la tangente che se ne diparte e che si libera dalla forza di gravità della materia grezza come l’astronave schizzerebbe al di fuori dell’orbita in cui è imprigionata e si tufferebbe nell’infinità dello spazio, fino a smarrirsi nel nulla. Al contrario, la poesia colloquiale è ancorata al mestiere di vivere, per dirla con Cesare Pavese, cioè a una rappresentazione anche diaristica della vita, quasi un chiacchiericcio di voci sulla concatenazione dei fatti che accadono nella quotidianità. Per dirla alla maniera di Giovanni Giudici potremmo intendere questa forma di Poesia una vita in versi, sicuri di citare delle ricette di scrittura poetica che costituiscono un riferimento orientativo per il lettore. La seconda formula, quella della Poesia sociale, realizza la poetica dell’impegno civile e della testimonianza storica che tanta parte ha svolto sia in passato sia in tempi recentissimi nella nostra letteratura – e più ancora nella poesia d’oltralpe e d’oltre oceano – ma gli autori che Lucente ha in mente probabilmente sono voci abbastanza recenti delle sue beneamate terre del Meridione, come fossero Rocco Scotellaro e Albino Pierro. Tuttavia, la banda di frequenza poetica dei canali che Natino Lucente alimenta con questo suo originale e riccamente propositivo libro di poesia non si ferma qui, perché vi ritroviamo anche soluzioni di ispirazione poetica a lui assai più congeniali, come la poesia della memoria passata, illuminata e ombreggiata di nostalgia e di bellezza, incline a instaurare sulla pagina un’atmosfera di accorata rimembranza del tempo perduto. Poesia, quindi, di stampo proustiano, in quanto si realizza in una sorta di ricerca, riordino, ricapitolazione e invenzione del tempo già trascorso. Poesia che va alla ricerca del senso ultimo ovvero del succo simbolico o semplicemente del nesso di causalità degli eventi, che poi, in realtà, nella concezione di Natino Lucente, sfumano in un moderato pessimismo, consistente nell’accettazione del consumo inesorabile della vita e dell’esalazione verso il nulla dell’esistenza di ogni individuo, anche dei più prestigiosi. Per ultimo, non va dimenticata, sulla tavolozza d’arcobaleno del poeta cosentino di Aprigliano, la vocazione irrinunciabile alla poesia ironica, che in questo libro assume la forma inusitata, mai prima proposta, della parodia poetica, consistente nel fare il verso garbato ma anche impietosamente satirico e, quindi, tanto più intelligente e graffiante, delle poesie fatte di aria fritta che imperversano su internet. Si potrebbe definire “poesia della poesia” l’intero libro di Natino Lucente, Mixtura: libro di eccellente concezione della Poesia come declinazione e coniugazione non solo degli stili, ma addirittura delle differenti concezioni di poetica che sovrintendono alla scrittura dei giorni nostri. Il libro è una sorta di miscellanea di testi che, pur nella loro diversità compositiva, ricostruiscono l’organicità di un unico discorso armonico e concertistico sulle possibilità espressive della parola. Sandro Gros-Pietro |
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