Affabili stelle
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Prefazione La ragione ci fa distinguere ciò che è alla portata da ciò che si colloca oltre il confine del nostro territorio di appartenenza. Ci appartengono tutte le cose, gli animali o le persone a cui noi pensiamo con continuità, indipendentemente dal fatto che esse siano reali o immaginarie, raggiungibili o inavvicinabili. Anzi, succede un fatto illogico e quasi perverso: ciò che è più lontano o che appare come irreale, purché sia covato con fissazione, appare più indispensabile di ciò che è facilmente disponibile. In conclusione, finisce per appartenerci di più, fa parte di noi più di ogni altra cosa, anche se non è per nulla disponibile. Il concetto è tutt’altro che astruso o intellettualistico. Anche la gente comune sa che normalmente ognuno desidera di più ciò che di meno può avere. Si tratta di una compulsione tanto illogica quanto comunemente diffusa nella mente di tutti. Il noto chansonnier francese Jacques Brel dedicò a questo concetto la famosa canzone La quête, il cui succo è che ognuno di noi ricerca la inaccesible étoile. Nella speranza che sia accettata per buona la traduzione elaborata da chi scrive, un poco liberamente e rabberciata pressappoco a memoria, il notissimo cantante, divenuto celebre per la canzone d’amore tormentone intitolata Ne me quitte pas, grosso modo esprimeva questo bellissimo concetto, arrotando nel microfono parole poetiche di confessione e di abbandono, Sognare un sogno impossibile, / portarsi dietro il dolore delle partenze, / bruciare di una febbre virtuale, / partire verso un dove che non esiste, / amare fino a lacerarsi, / amare troppo con cattiveria, / tentare arrendevolmente e senza difese / di raggiungere l’inaccessibile stella. Sandro Gros-Pietro |
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