L'avventura nel guscio cartaceo
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Scheda formato libro160x230x43 – pagg. 908 |
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Se può esservi una impresa tanto eroica quanto rischiosa, ma condotta all’interno di un ufficio municipale invaso da cartelle d’antan di pratiche edilizie, giudiziarie e amministrative, ammonticchiate in cataste pericolanti sulle scrivanie degli impiegati, è cosa che il romanzo di Luciano Calzavara, L’avventura nel guscio cartaceo, pienamente dimostra che è possibile, e anzi ne descrive con diletto le occasioni, gli episodi e le forme d’essere. Può svilupparsi un’epica eroica? nascosta nel più plumbeo tran-tran di un ufficio comunale? Sì, è più che possibile. Anzi, è quasi inevitabile che ciò sia. Del resto, basterebbe rivolgere la domanda a Franz Kafka, e ne intuiremmo subito l’affermativa risposta in termini di realismo magico. C’è, in effetti, una sorta di magia anche in Mauro Brisco che trascorre la sua vita agganciato alla scrivania prima da applicato di segreteria e poi da responsabile di sezione, ma che ci sembra Giasone sul ponte della nave Argo, lanciato alla conquista del vello d’oro. Cioè di un simbolo, che in sé e per sé non ha alcun valore, essendo una normalissima pelle di caprone di colore fulvo come l’oro. Però, quale avventura inseguirla per mare e per terra! Similmente, l’avventura di Brisco è quella di vivere la sua ordinaria quotidianità. Tuttavia, con quale epicità e con quanta magia lo vediamo corteggiare una fanciulla sulle rive del Lago di Garda, assistere a scontri e tensioni tra autorità civili e autorità militari nelle stanze del potere municipale, redigere verbali da segretario di varie commissioni di seggi elettorali, testimoniare ammiccamenti e palpeggiamenti delle procaci mammelle di una dattilografa da parte di una guardia municipale, adoprarsi nelle alluvioni del Brenta, festeggiare la guardia municipale per l’acquisto di una Fiat utilitaria di seconda mano, scapicollarsi a Montecarlo in viaggio di nozze, vedere abolire l’inutile ruolo di un’ostetrica comunale non consultata più da alcuna gestante, ed essere coinvolto in altri mille e millanta casi, talvolta anche con trascorsi di notti bianche spese in ufficio a lavorare fra le “sudate carte”! Brisco è un hidalgo della burocrazia municipale così come Don Chisciotte è un impiegato della nobiltà spagnola: c’è in questo monumentale esempio di ordinaria follia del tran-tran burocratico lo specchio fedele e ironico e anche farsesco di come siamo e di come agiamo nella vita. Luciano Calzavara dipinge una rappresentazione che è nel contempo denuncia e accettazione del nostro destino di antieroi della scrivania, accoccolati su una ciambella salva-natiche, per quarant’anni allo stesso scanno. È il viaggio nel tempo, protratto per quarant’anni e alla ricerca di un significato compiuto nel fare le cose che agita il ricordo dell’illustre ricerca compiuta per circa vent’anni da Marcel Proust, esattamente con lo stesso intento: quello di attribuire un senso, se non proprio al mistero insondabile della vita, almeno alla luminosa attività di chi la descrive nei romanzi. Sandro Gros-Pietro |
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