Parole d'Amore
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La dolce aurora di una vocazione I testi che ho il piacere di introdurre rappresentano una sorta di incunabolo, di scaturigine prima, o di fecondo albore, del discorso poetico che Lucia Montauro dispiegherà poi, nel corso dei decenni, di raccolta in raccolta, restando fedele, pur in uno stile via via più cesellato e affinato, alla propria vocazione inaugurale, alla propria voce e natura (« non si cede / voce, leggenda o destino » insegna Montale), eppure dando vita, come osservava Giancarlo Pontiggia, ad un carmen continuum, ad una poésie ininterrompue in cui persistenza e mutamento, coerenza profonda e continuo mutare coesistono e si illuminano a vicenda. «Nulla più dolce dell’amore: tutti i beni gli stanno alle spalle. Come pure Sulpicia, l’unica voce femminile della poesia latina: Non vorrei affidare nulla a tavolette sigillate, Dove, come nella poesia della Montauro, non c’è differenza fra il sentimento amoroso e l’espressione poetica, tra il fuoco interiore della passione e la necessità di riversarlo nei segni della scrittura, incisi come nella carne viva. Il virtuoso e sacro peccato dell’espressione poetica femminile non può rimanere sepolto nell’ombra. Esso è essenziale e vitale. Quando altre mani ti accarezzeranno L’amore « è il desiderio di morire amandoti ». Qui l’amore, pur intensamente umano, rasenta venature mistiche, echeggiando quasi il desiderio dell’anima di annullarsi in Dio. Infine mi sveglio L’accesa sensualità, pur vibrante e fremente, quasi sfuma nell’immaterialità del sogno e nella sublimazione della visione poetica (un po’ come l’« alta specie » e l’« imago » dell’impossibile amore leopardiano, o addirittura, in Petrarca, lo sfumare e lo smaterializzarsi di volti, luoghi, contorni nella materia tremolante del tempo rievocato: « et l’imagine trovo di quel giorno / che ‘l pensier mio figura »), destinata a svanire se non vi fosse, appunto, la forma verbale a fermarla, plasmarla e farla consistere, impregnandosi essa stessa di un sensuale e quasi fisico vibrio. Perché ore d’amore fuggite via così Versi in cui, fra l’altro, già si prospetta quel meraviglioso contrappunto fonosemantico fra sonorità aperte, morbide e dolci – « ore d’amore » – e altre più nette, dure, marcate, definite – « un minuto d’attesa sembra eterno » –, a scandire e rimarcare l’incedere del tempo che attraverserà tutta la poesia dell’autrice. Ma forse il messaggio essenziale, e insieme esistenziale, di questa raccolta risiede nella specularità, nella reciprocità dei sentimenti fra i due innamorati, le quali si traducono in strutture stilistiche analogamente parallele e rispondenti. Io penso a te come a una cosa mia E forse non c’è, infine, migliore commento di alcuni versi di Camões, intrisi di echi neoplatonici: Si trasmuta l’amante in ciò che ama Con un singolare rovesciamento dei ruoli fra uomo e donna, secondo un antico topos della lirica amorosa, l’innamorata porta perennemente nel cuore l’immagine dell’amato, anche quand’egli è lontano. E proprio quell’immagine, quell’intimo globo di luce, è fonte della poesia. Matteo Veronesi |
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