La vedova e il fuoco amico
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PREFAZIONE Sono versi che hanno un contatto magico con il suo mondo passato, soprattutto con gli affetti famigliari a volte felici e il più delle volte dolorosi. Nelle stanze della “vedova”, così definisce la sua casa dell’infanzia Lorenzo Piccirillo, sono custodite gioie e dolori, ma anche squarci dell’enorme fatica di vivere: La corruzione del tuo vecchio fu fatale Sicuramente qui i ricordi, ma ancor più l’intensità di vivere, fanno sì che ogni istante della vita del poeta rimanga fedele a tutte quelle figure amate e anche non amate che silenziose culminano in improvvise accensioni visionarie. L’autore è fedele alla voce antica e sciamanica di quei luoghi rurali, una masseria che accoglie e allontana fantasmi ormai lontani, creature sognate o vissute che non rinunciano alle parole, mute o gridate, imposte più che altro dallo stesso poeta: Sono andato giù nella cantina Tutto ruota attorno a questo luogo, misterioso e cupo, a questo mondo che s’interseca e si fonde con le persone che lo abitano. Il filo che collega un componimento all’altro è, comunque, l’invincibile nostalgia, che però non è soltanto una forma di tensione verso il passato, ma anche lo specchio nel quale si riflette l’occasione di una vita diversa e perché si possa cogliere ancora qualche traccia di verità. Tuttavia, senza rinnegare ciò che c’è stato e che hanno formato e aiutato il giovane Lorenzo nella sua crescita e come uomo, con le sue paure e le sue incertezze. Adesso che puoi guardarmi Il ricordo, dunque, come essenza di un io complesso che dialoga con la propria anima e scompone il suo vissuto che la sua psiche vorrebbe cancellare ma che non è possibile rimuovere. Lo intuì Gaston Bachelard rivelando che “il passato della nostra anima è un’acqua profonda”. Ho poggiato il labbro alla sorgente Difatti, se William Wordsworth considera la poesia come “lo spontaneo straripamento delle potenti sensazioni”, non a caso i versi di Piccirillo che racchiudono la vita e la morte, la gioia e il lutto, sembrano riportarci all’amato Eugenio Montale e alla realtà quotidiana espressa in Xenia, a quella poesia di “inappartenenza”, alla poesia che “magnifica il Tutto in fuga”. Se posso disturbare per la chiusura Leone D’Ambrosio |
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