Cento sonetti
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Premio I Murazzi per l’inedito 2012 (dignità di stampa) Motivazione di Giuria
L’omaggio reso al sonetto diviene molto di più di un cimento letterario sorretto da una perfetta educazione umanistica e da uno sviluppato talento di orchestrazione delle possibilità del dire in forme chiuse. In verità, Gianni Giolo insegue quasi per ironia la misura dell’ordine armonico nel grande caos della storia letteraria dell’Occidente, che gli è tutta presente e chiara dall’antichità aurea latina fino alla contemporaneità del minimalismo biografico e quotidiano attuale, al punto di condensarlo nella mirabile quartina: “io non so perché sono giunto / a tanta affannosa confusione, / ad un segno così defunto / di vita e di disperazione”. La Giuria all’unanimità attribuisce la dignità di stampa.
INTRODUZIONE Che senso ha scrivere sonetti oggi? Breve e amplissimo carme lo definiva il Carducci, il sonetto è la forma metrica che meglio permette agnizioni avanti e indietro nel tempo, in una vicenda secolare che ancora, quasi miracolosamente, sembra permettere il circuito sanguigno, insomma la comunicazione tra epoche e individui lontanissimi, la continuità, la vischiosa compenetrazione di un corso storico non definitivamente interrotto e lacerato. Non si tratta solo di accertare che di sonetti se ne sono scritti dalla prima metà del Duecento ad oggi, ma di accorgersi che nel corpo di questa forma rigorosa e malleabile, infinitamente variabile e suscitabile a piacimento dall’imprinting stilistico, espressivo e artigianale dell’autore, si possono registrare linee di sutura, scarti, innovazioni, tentativi di riequilibrio: continuità e frattura, appunto, tenuta e lacerazione, fuoriuscita e pertinenza a una storia. L’autore |
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