Qualche rigo in chiaroscuro – 2ª edizione

Prefazione

Il titolo del libro, Qualche rigo in chiaroscuro, è derivato dalla poesia Sete, che è la seconda della seconda sezione. Tutto il libro è diviso nelle tre sezioni Malo mondo, Ancora un po’ di sole e Camminando a ritroso, ed è globalmente composto da cinquanta poesie. La scansione delle poesie nelle tre sezioni risponde a dei criteri di uniformità di ispirazione, essendo la prima sezione quella in cui maggiormente è pronunciata l’azione di denuncia che il poeta sente di dovere rivolgere contro la malvagità del mondo; la seconda sezione è quella che ricostruisce i modi e le ragioni della speranza e anche dei momenti di estasi; la terza sezione è dedicata con più agio alle occasioni e alle forme della rievocazione degli affetti – e di altre presenze – nell’animo del poeta.
La poesia di Fernando Maina è votata principal­mente alla serietà dei contenuti e al rigore dei modi, e, nel suo insieme, rappresenta una testimonianza di impegno partecipativo e di vigilanza intellettuale tesa alla realizzazione delle condizioni di serenità e di gioia della vita che noi stessi dobbiamo procurarci e che, inoltre, l’ambiente circostante deve possedere per permetterci di vivere con pienezza la nostra vicenda terrena. Nel discorso in versi dell’autore c’è un intento etico, sia perché non si affievolisce mai la premura di indagine sulle condizioni di equilibrio psicologico e affettivo che ciascuno di noi deve sapere realizzare sia perché il poeta accetta di interpretare con coraggio il ruolo a rischio di chi pronuncia più di un J’accuse nei confronti di chi detiene il pote­re e non si fa scrupolo di camuffare ed offendere la verità o peggio di umiliare gli innocenti.
L’intreccio poetico ha un’origine principalmente autobiografica; ma accanto alle occasioni di riflessione, di rievocazione, di estasi o di narrazione che provengono dal patrimonio personale di esperienza del poeta sono sviluppati anche gli spunti ispirativi che traggono origine da una vasta e puntigliosa conoscenza del mondo della cultura e che si possono concretizzare in pertinenti rico­struzioni tratte dal mondo del cinema, come in Remini­scenze da una scena di un film di Ejzenstejn, oppure nella rievocazione commossa di un’atmosfera estatica suscita­ta dalla lettura giovanile dei classici francesi, come in Fiamma di gioventù.
La cornice valorizzante l’opera poetica consiste nell’attribuzione di importanza riconosciuta alla quoti­dianità, dentro i cui confini si colloca il mondo della poe­sia. Il destino dell’eroe e il compimento delle egregie cose, lungi dall’essere negati ovvero derisi, sono tuttavia sottesi ad un orizzonte di ordinarietà degli eventi, che è raggiungibile e praticabile da ogni essere umano, purché sia realmente disposto a divenire partigiano della poesia e della verità. Solo in questa prospettiva di familiarità quasi domestica con il mistero assume significato il con­certo dei sentimenti che nasce nell’animo dell’uomo e che conduce ad un incanto di arcane corrispondenze, tra i fiati esalati della natura e le voci che sorgono dall’anima, come accade in Pascoli del mare. Allora, si può anche disporre l’animo, con composta serenità, ad una fiduciosa attesa per il domani, come accade in Dopo che smorì il giorno.
Il mondo degli affetti familiari assume la posizio­ne strategica e nevralgica di centrale operativa dell’intero sistema poetico ed ispira a Fernando Maina alcune delle pagine più dolci del suo libro, nelle quali si realizza una fusione tra la grazia dell’espressione e la tenerezza essenziale del sentimento che illumina il dettato, come in A Lorenza, per Natale e Stefania. Ma non è detto che gli affetti familiari siano sempre portatori di momenti idillia­ci, perché in verità possono anche evocare, con straordi­nario verismo ricostruttivo, i momenti della fatica, della pena e delle condizioni avverse di vita subite dai genitori, come si legge in Voglio sapere. Tutto ciò serve a rico­struire quella pienezza di vita, la cui testimonianza rap­presenta il compito principale del poeta, che rievoca epi­sodi esemplari di forte intensità affettiva, vissuti nel fre­mito emotivo di uno svelamento destinale e assurti, nella memoria poetica che li celebra, come simboli oracolari del succedersi della vita e della morte, come egregiamen­te è documentato in Quale la nube, ove si rimemora l’ul­tima lacrima della nonna materna, trasfigurata in un vapore subliminale della definitiva scomparsa.
C’è un’interezza di sentimenti, cresciuti e accre­sciuti intorno al fusto principale della volontà di parteci­pazione ad oltranza alla vita e alla libertà delle sue mani­festazioni, come in Ora che il volo; c’è la rabbia coltivata contro lo spregio e il degrado dell’ambiente naturale, come in Canto solitario; c’è una disarmata pena rivolta verso chi compie sciupio della propria vita, come in I drogati e A un suicida; c’è l’evocazione dolorosa e acco­rata dei giorni della passata malattia, vissuta let­te­ralmen­te come una prigione anche fisica, in La mia ombra e Proibizione; c’è il solare canto d’amore verso la donna, che è il simbolo del ristoro, della dolcezza e delle speran­ze, come in Innamoramento, Sera di fine luglio, Correrò sulla spiaggia, Vento ed altre poesie.
Molta cura è stata riposta da Fernando Maina nella forma versale delle poesie, che echeggiano i modi chiusi della tradizione. Sovente la metrica è rispettata con scru­polo sia nella quantità di sillabe compositive dei versi – l’endecasillabo si ripropone con straordinaria naturalez­za – sia nell’uso delle rime, cui viene delegato il compito di sottolineare o di insistere o di perfezionare un concetto espresso su una situazione o sull’evolversi di un fatto, creando un’eco rimata di ripetizione delle desinenze. A conforto della straordinaria facilità con cui Fernando Maina compone in metrica, fa bella mostra pure il sonet­to Estiva, nel quale l’autore propone delle variazioni di rima, rispetto ai canoni, nell’ultima terzina. Questa faci­lità di composizione, alla fine, quasi sfocia nel divertisse­ment in occasione della poesia Solo con me stesso, ove viene proposto come acrostico il più che noto palindro­mo è presa la serpe, che è stato oggetto di numerose visitazioni poetiche in tempi recenti e non.
La complessità e la compiutezza delle tematiche trattate serve a disegnare un’architettura elaborata ed equilibrata dell’opera in versi di Fernando Maina, che mette al centro una visione del mondo ricostruita a dimensione e ad uso dell’uomo libero, cioè affrancato dai condizionamenti del successo e dalle vanterie della mon­danità, ma dedito a ritrovare la pienezza dell’essere nella corrispondenza profonda con le voci del mistero e con i lampi di luce, che fremono in noi e nel creato che ci ospita.

Sandro Gros-Pietro