Poesie dalla caffettiera
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PREFAZIONE Il mondo poetico di Fabrizio Olivero è ispirato alla triade amore-luna-sogno, con vigore ed estasi esemplari. La triplice figurazione procede lungo tutta la silloge e giunge a creare un’atmosfera armonica e senza soluzione di continuità che informa di sé ogni pagina. Ne deriva un sentimento diffuso di nostalgia e bellezza, come fosse un riflesso polarizzato di luce che trasfonde gentilezza sui versi. L’amore inizia già prima dell’opera a manifestarsi sulla pagina bianca, nella dedica del libro che lo scrittore pone alla sua amata Irene, al cui cospetto s’inchina il cuore del poeta, come si conviene fin dai tempi di Dante, ma anche prima, fin dai tempi dell’antichità romana, cioè del neoteroe Catullo e successivamente di Tibullo, grandi cantori classici dell’amore. In realtà, la raccolta poetica si apre con un omaggio dedicato a una creatura a quattro zampe, anziché alla donna dei sogni. Si tratta di Gaia, la gattina dello scrittore, che capolina sulla pagina, provenendo da lontano – ma pure sempre dall’intimità della vita domestica, magari trascorsa in altre stanze – e che si precipita galoppante a salutare il poeta che rincasa dal lavoro. Questa scenetta serve meglio che qualsiasi altra dichiarazione di poetica a introdurci nel mondo fatato e divinizzato di Fabrizio Olivero. In realtà è, sì, un mondo di incantamenti e di discanti, ma è anche l’universo reale, consueto, domestico e casalingo delle buone cose e dei sentimenti puri ispirati alla semplicità e alla chiarezza cristallina dei rapporti umani. Quello di Olivero è un mondo costruito sulla certezza degli orientamenti di gusto e di valore, in cui trionfa la promessa d’amore pronunciata con i piedi ben piantati nella realtà quotidiana, tuttavia magnificata al riverbero delle “vaghe stelle” e della “luna in ciel”, che sono di memoria leopardiana. Dunque, la vita di ogni giorno, così radicata nei gesti semplici e nelle abitudini ripetute sempre uguali come fossero una liturgia chiesastica, grazie all’intervento del poeta, si trasformano in un cielo infinito di stelle e in un sogno colorato di immagini nuove. Il poeta sa leggere tra le righe della realtà – la quale è sovente effimera e deludente – le dimensioni e la storia di un sopramondo incorruttibile ed eterno, in cui si assiste al trionfo della luce sulle tenebre. Già nelle prime pagine, in forma di ricorso alle tradizioni della cultura popolare, il poeta ci parla della Befana in modo tale da portarci a diretto contatto con la magia e con l’invenzione, che trasformano in sogni ad occhi aperti la nostra vita: “di casa in casa un po’ di carbone / per ogni bimbo cattivone, / ma proprio sul più bello, / suona qui al tuo campanello / e per una bimba così carina / come te, ha raccolto in cielo una piccola stellina”. Si crea così quell’atmosfera di dolcezza, che rimane aleggiante lungo tutto il libro, e che nasce dalla storia d’amore del poeta: “Leggere carezze, / docili abbracci / e tenere / e soffuse / le nostre coccolate, / quasi come due mici…”. Poco oltre, in Sogno, leggiamo apertamente una declinazione delle possibilità che l’amore propizia nell’animo di chi sa amare poeticamente la sua donna: “È il tuo sguardo / che mi dà l’amore, / come il risorgere / della natura in primavera; / in te vedo la tristezza / quando l’autunno copre il cielo / e la solitudine / dei gabbiani che volano / sulle acque fredde dell’inverno… // In te ammiro la libertà / come una nuvoletta / che vaga tranquilla / in un azzurro immenso…”. In questa dimensione di vivere poeticamente la realtà del mondo, è allora possibile trasformare l’intera esistenza in una dolce favola, come è scritto nella poesia che così si intitola, Fiaba: “Ascolto silente / una fiaba che sussurri / e mi immagino sotto / un cielo cosparso di piccole / briciole d’argento. // Ora mi sento di vivere lassù, / da dove la luna sorride / alle nuvole”. Sandro Gros-Pietro |
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