Blu cobalto
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Prefazione “Come una macchia inutile sul silenzio e sul niente è la parola” Come scrivere di psicoanalisi oggi? Si può scrivere di psicoanalisi in modo poetico? L’analista in giallo spinge a ricordare, corregge, inneggia alla normalità. Non coglie il buco – trou-trauma – del linguaggio, ma lo satura di senso. E l’analizzante? L’analizzante sogna, l’inconscio interpreta, da solo lavora, ma il suo dire è inghiottito dalla macchina terapeutica del senso. Le occasioni si perdono tra le braccia conserte dell’analista armata di ago e di filo che sutura e satura. L’analista dorme, si ipnotizza, non ne vuole sapere niente. Non legge la lettera muta che itera, i buchi nella tessitura. Il silenzio di piombo si fa assordante. Monica Vacca |
Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.
"Ho finito di leggere Blu Cobalto questa notte. Ho chiuso il libro e sono rimasta a lungo in silenzio senza formulare nessun pensiero, fissando un punto indefinito dinnanzi a me. Silenzio, forse rispetto per la profondità di quel testo. Attraversata da sensazioni fisiche più che da pensieri, immedesimata in un sentire piuttosto che in un ragionare. Cosi è stato per me leggere il tuo libro. Un lasciarsi andare al suo ritmo, al suo suono, alla matericità dei colori, alle tensioni del dolore; un lasciarsi andare allo scorrere del testo senza sovrapporgli deduzioni, interpretazioni, analisi. Un sentire con tutti i sensi piuttosto che un leggere con lo sguardo della mente. Alla fine la corrente mi ha depositato su un argine familiare e sconosciuto allo stesso tempo, un ritrovarsi e insieme un perdersi che chiedeva il silenzio. Quello del mare aperto o di una vetta alpina, non quello del piombo.
Céline, il tuo libro è davvero bello, mi sembra di sminuirne la portata racchiudendolo in pochi brandelli di pensiero.
Intanto lo stupore. Lo stupore per come tu sia riuscita a dare forma di racconto all'allusione, a una storia senza narrare fatti. A dare al tuo testo la densità materica di un dipinto, a trasformare le tue pagine nella corposità del cobalto, del giallo, dello zinco, delle rocce e dei minerali, nel peso schiacciante del piombo. A farne un luogo di suoni, uno spartito dove la voce, la parola e la forma stessa del testo compongono armonie e dissonanze, a farne una tessitura a volte nodosa a volte serica, a volte strappata. La forma del testo. Un elemento fondamentale ai miei occhi quella stampa perfetta, i margini finalmente centrati e lo spazio giusto dal bordo della rilegatura e, soprattutto, lo spazio tra i capoversi. Uno spazio che permette di decantare il testo precedente, che offre riparo agli strappi, ai buchi, alla contraddizione, alla ferita. Non sarebbe lo stesso testo senza quegli spazi.
E poi l’acutezza di quella insanabile contraddizione tra senso e parola, sempre giocata sull’orlo di una possibile perdita della propria presenza nel mondo.
E a quel linguaggio che contenendoci fin nel profondo rivela i suoi tratti di prigione
E il dolore. La macchia densa di vita di quei pantaloni blu cobalto che scendono il monte e il loro velarsi, trascolorire nel grigio del piombo. Il silenzio del piombo grigio e l’urlo del bianco abbagliante della neve.
E la densità del corpo che riconduce a sé la parola e costruisce il tessuto del tuo scritto fatto di materialità e di carne, un femminile denso dai mille volti dai mille abissi, frastagliato, ferito, tacitato.
Bellissimo
Aggiungo ancora una considerazione perché è una reazione che ho avuto e mi ha molto sorpreso.
Ho letto la postfazione prima del libro e mi è parsa straordinaria. E tale resta, sia chiaro. L’ho, però, riletta per curiosità dopo aver finito il testo. E sorprendentemente ho provato anche un senso di mancanza che prima non avevo percepito
In quella tensione a dare conto dei tuoi riferimenti non esplicitati, nel bisogno di testimoniare e sottolineare le similiarità della tua scrittura, mi pare che in fondo si perda lei - per non dire lei, lei o del tutto lei, lei lei. Ma Céline dove è? Dove quello che esorbita dalla trama dei riferimenti, dove quello che è tuo e solo tuo, dove quella voce che rivendica la parola contro la giustapposizione del senso. Dove il dolore, dove la lacerazione?
Probabilmente non poteva che essere così. Un a postfazione non può essere la riscrittura di un testo!!! Ma forse è anche un modo (maschile?) di ricomporre il senso (ancora una volta) tacendo della contraddizione?
Grazie Céline, il tuo libro è un dono importante"
(Donatella Barazzetti)