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Descrizione Commenti dei lettori |
PREFAZIONE Il centro pulsante di questa breve ma densa raccolta di poesie d’amore (o del disamore, in una prospettiva rovesciata) è tutto in quel vulnus, in quella ferita aperta che ogni essere umano porta inscritta in sé, soglia che affaccia al mondo forzando il confine dell’individualità, che rende vulnerabili, e richiede incessantemente di essere nominata e riconosciuta, varco ambiguo che espone al dolore ma anche alla possibilità della cura e della relazione intima e profonda con l’altro. In queste poesie, sofferte e delicatissime, l’autore dichiara da subito che «non ogni vulnus si sana» e che «non esiste / diritto né giustizia in amore»: lo sguardo che solo potrebbe lenire quella piaga che spurga pensieri ossessivi in un’inesorabile emorragia di visioni, congetture e versi declinati all’infinito, che dicono tutti e sempre caparbiamente dell’«amore che avrebbe voluto / non fiumi di parole solo mie / ma l’odore del tuo collo in un abbraccio», il sorriso, la presenza viva, il corpo amato, studiato a memoria nei minimi dettagli al microscopio asettico di un pugno di fotografie, niente, nemmeno una briciola, «proprio nulla nulla nulla» di quanto auspicato e atteso giunge come balsamo per alleviare l’ansia, il malessere, per prendersi cura di quella ferita nella reciprocità del desiderio portato a compimento. La donna-meraviglia, bella di «cento bellezze» indescrivibili, da togliere il fiato, cantata allo stesso tempo come «creatura di cielo», madonna di letteraria memoria e come una ragazza qualsiasi, umanissima e vera, che porta il nome della prima di tutte le donne, Eva, e racchiude in sé il mistero insondabile dell’universo femminile, è inaccessibile, lontana, è una «porzione di mondo» irraggiungibile, dalla quale l’autore è esiliato senza speranza. La «rassegnazione, parola intollerabile / soprattutto in amore» non è però contemplata, non è accettabile. Meglio rubare come un nomade molesto frammenti di vita quotidiana dell’amata, carpire da lontano il suo gesto di curare «con le mani delicate una piantina», o incrociandola per caso in un «pomeriggio limpidissimo», mentre porta a spasso suo figlio – anche in veste di madre «bellissima sempre, sempre» –, tenere stretta tra le labbra una banale frase di saluto, «ci vediamo», come se davvero fosse possibile un appuntamento concordato e certo; meglio raccogliere le tessere smussate dei racconti altrui e rimetterle in ordine con pazienza per soddisfare quel «bisogno assoluto» di sapere qualcosa in più su di lei; meglio «ipotizzare», immaginare, progettare, inventarsi piccoli momenti condivisi con cui trastullare la fantasia, sognare di aiutarla «a portare a casa i sacchetti della spesa», o di incontrarla in un bar «due volte al mese per un’ora» soltanto per ascoltarla parlare con un’amica, o ancora di aprire «un piccolo ristorante vegano» insieme, oppure sognare di avere tutto, di vivere con lei; meglio farle l’amore con le parole, con il pensiero, percorrendo quel corpo desiderato fino allo spasimo con occhi di bambino vorace, con una preghiera cocciuta e inascoltata in punta di lingua, indugiando sulla costellazione di nei che le fiorisce «tra seno e seno» e giù fino «al solco rosa della vulva fresca», impressi negli scatti in cui lei posa come modella; meglio essere incompreso, frainteso, accusato di stalking da tutte e tutti quelli a cui non può fare a meno di raccontare di questo amore non corrisposto; meglio, molto meglio l’umiliazione, cadere nel ridicolo (e del resto l’amore «és sempre ridícul / perquè no obei, / no coneix llei»), essere rifiutato ancora e ancora, per quante volte è interminabile la «fila di anni», ben sette, da cui va avanti immobile questa storia, «questo vero amore»; meglio «destare irrisione o compassione / in tutti quanti», meglio qualsiasi cosa perché l’alternativa «smettere di amare / […] dà un’angoscia più profonda, un vuoto più incolmabile, un abisso». Silvia Rosa Media voto:
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silvana
ha scritto:
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inserito: 17.06.2016 22:46
Bellissimo poemetto d'amore: lettura consigliabile, ristoratrice.
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Prima di essere pubblicato, dovrà essere approvato dalla redazione.