L'altra metà del mondo
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Romanzo di grande concezione narrativa è L’altra metà del mondo, nel quale Carlo Bosso fornisce prova suadente della sua facondia di romanziere. Il libro entra subito nel pieno della vicenda e presenta il protagonista, Orazio Bosso, che compie la traversata dell’oceano Atlantico con destinazione New York, dove sull’Isola della Libertà è stata appena collocata l’anno prima l’omonima Statua regalata agli Stati Uniti da Napoleone III. Siamo nel 1887, in Italia è appena salito al governo Francesco Crispi, coi suoi sogni di gloria coloniale. L’Italia è povera e contadina, schiacciata dalla Francia e dall’Impero austro ungarico. L’America attira emigranti da tutta l’Europa. Orazio è un contadino del torinese che sa meritoriamente leggere, scrivere e fare di conto. Il podere è troppo piccolo per mantenere tutti, per cui non gli resta che cercare l’avventura nel nuovo mondo. A New York, tra le braccia della bella Camilla, vivrà il dolce amaro di una storia d’amore che ricorda la vicenda di L’amante di Lady Chatterley. Orazio sceglie di abbandonare la casa di Giuseppe Trabucco, che lo ospita e di cui ha concupito la moglie. Per lui si apre l’avventura della Pista dell’Oregon, il favoloso Far West che conduce al versante Ovest degli Stati Uniti. Compie l’attraversamento sui tradizionali carri Conestoga, ospite del vecchio Jacob e in sodalizio col nuovo amico Tommy. Combatte anche un conflitto d’amore con Joe O’Gara per assicurarsi le grazie della bella irlandese Maureen Connolly, in una sfida che ha più capitoli e qualche spargimento di sangue. Toro Seduto viene assassinato, l’epopea dei Lakota, di cui i Sioux fanno parte, è al tramonto, il massacro di Nuvola Rossa e Piede Grosso a Wounded Knee avviene nel 1890. Orazio e Maureen vivono nella loro Casa nella prateria, all’ombra delle Black Hills, nel Wyoming: hanno due figli e fanno progetti per il futuro. Ma la ruota del destino prende un’altra direzione e la falce della morte si abbatte a infrangere l’amore dei coniugi. Tuttavia, la morte uccide la vita, ma allo stesso tempo apre l’orizzonte a una nuova vita. Il ritorno di Orazio dapprima a Manhattan e poi a Brooklyn gli permetterà di capire quanto grande e paziente sia stato il legame con Betty, che lo ha atteso fiduciosa come Penelope il ritorno di Ulisse, e lo risarcisce del lutto di un figlio perduto col premio di una figlia ritrovata. Scadono i due lustri del racconto e si inizia una nuova saga ancora tutta da vivere e da scrivere da parte dell’Autore, con il protagonista che si appresta a svolgere il suo futuro di imprenditore intraprendente in Argentina, ove diventerà alfiere della nuova arte del Ventesimo secolo ormai all’alba, il cinematografo. Un ricco romanzo, sigillato nell’epica della “storia minima”, per usare l’espressione resa famosa da Umberto Eco, in cui un personaggio comune diventa icona rappresentativa sia del Vecchio sia del Nuovo mondo, in fondo non così diversi fra loro, perché entrambi animati dallo spirito di avventura dell’uomo e dalla tenace laboriosità della donna. Si aggiunga che come l’Eneide è stata scritta per pomposamente glorificare la storia di Roma, l’Autore scrive questa sua Bosseide con gentile spirito di sottile ironia per ridimensionare la mitologia degli antichi eroi del passato alla prassi faccendiera dei mezzo-busti dell’età contemporanea. Sandro Gros-Pietro
Giovanni Penasso era un cugino primo di mio padre, figlio di una delle sorelle del nonno. In famiglia passava per essere stato un tipo bizzarro, un estroso avventuriero piuttosto spregiudicato e con un discreto bernoccolo per gli affari. |
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