Sotto ogni cielo

PREFAZIONE

Conosciamo la poesia di Aurora De Luca da quando lei frequentava ancora il Liceo. Abbiamo creduto talmente nelle sue innate capacità e nella sua tenacia da pubblicarle, in un breve lasso di tempo, ben tre raccolte di versi: Indice di idee al caleidoscopio (2007), Questi occhi miei (2010), Il tuo colore mare blu (2011). La critica ci ha confortato, specie negli interventi di Aldo Cervo, Silvana Andrenacci Maldini, Roberta Colazingari, Leonardo Selvaggi, Tito Cauchi, Giuseppe Anziano, Laura Pierdicchi, Fulvio Castellani, Sandro Angelucci, Graziano Giudetti, Pacifico Topa, Giovanni Cianchetti, Giovanna Li Volti Guzzardi, Flavia Lepre, Maria Elena Di Stefano, Adriana Nobile Civirani, Adalgisa Biondi, Innocenza Scerrotta Samà, Maria Antonietta Mòsele, Mariano Coreno.
“In Aurora De Luca (…) si ravvisano tutte le premesse perché alla stagione della fioritura succeda quella di una fruttificazione copiosa, artisticamente e tecnicamente valida, cioè adeguata alle sue doti naturali”, scrive Luigi De Rosa.
“Ecco leggo (…) e antiche sensazioni mi invadono, mi trascinano in visioni e profumi che durano attimi per poi sparire e di nuovo riprendersi al verso successivo (…). I versi della De Luca sono come un valzer: talora lento e struggente, talora vorticoso da lasciare senza fiato”, afferma Salvatore D’Ambrosio.
Sotto ogni cielo è un germogliare incessante di sogni. La poetessa si vede fluttuare nell’aria, “i capelli sciolti”, atleta immersa in una vasca di azzurro. De Luca ha praticato il nuoto ed è da una tale attività sportiva che mutua certe immagini. È un sogno, il suo, bene ancorato a concrete figure, sicché cielo e mare hanno la stessa consistenza e lei può nuotare in seno all’uno o all’altro indifferentemente “senza soffocare”.
La silloge è la storia infinita di un amore. E come tutti gli amori, anche questo è impastato di fughe, avvicinamenti, confusioni e distacchi. Un amore che è Sole, esplosione di fiori, carezze, sogni, scrosci spumosi di gioie intime difficili ad esprimersi se non attraverso il quotidiano confronto con tutto ciò che ci ruota intorno, ma anche, in certi momenti di “slavine sotto i piedi” e di nubifragi, il solo, unico “faro nella notte più nera”, o il “lumino fugace / che fa splendere la goccia”.
La poetessa insiste nel paragonare l’Amore al Sole intorno al quale ruota tutta la sua vita. È “Sole / e pure la Luna” e anche di più, perché è Dio che il sole pone! Così, dove lui sfiora, germogliano “semi di bellezza e colori”. È una divinità dalle “braccia di vento”. È tante “folate di vento” che spesso fanno gonfiare il cuore, onda scrosciante che agita e squassa le sponde. È fuoco inestinguibile, in cui si brucia, ma “non ci si ustiona”; è abisso oceanico in cui si sprofonda, ma “non si muore”. È salsedine pungente, impetuosa, che difficilmente si può occultare, perché resta lungamente addosso “come un’altra pelle”. Ma è anche violino e pianoforte e flauto. A questa divinità assoluta, ma impastata di effluvi e colori terrestri, Aurora De Luca si dona nel senso più totale e continuo ogni giorno: al mattino appena alzata mentre si toglie dal viso il velo del sonno; al pomeriggio nel sorso di un caffè; ad ogni squillo del campanello della porta; ad ogni arrivo del portalettere…
Un groviglio d’immagini di gioie mai sazianti perché nervose e piene d’ansia, sottoposte continuamente a tensioni, a slanci. “… Le liriche – scrive Elisabetta Di Iaconi – sono colme di definizioni, descrizioni e lodi del personaggio che le ha conquistato il cuore. Attorno a lei aleggia il suo profumo, la sua fiamma le incendia l’anima, la sua assenza la lascia col fiato sospeso, la trasforma in spiaggia “bagnata da quell’onda”.”
In questo autentico turbinio, nei momenti di relativa calma, nel continuo confronto tra l’intimo inquieto e la quotidianità, ecco spuntare la poesia della Natura: la Terra con il suo “odore intenso, che sa di estate”; “un girasole (…) che vibra / ad ogni attimo di luce”; le “onde assolate”; “un mare di scie di luce”; le “spighe iridescenti sotto il sorriso del / raggio mattutino”; le “pianure di sole e di stelle”; le “scie di polline nel vento”; il “fiore che sboccia / sotto nuvole di pioggia”; il “fruscio di bosco”; il “profumo silvestre, / di sottobosco”; il “fio­re di campo, / bello e tremulo nel vento” e poi il papavero e il soffione nominato tante volte… Nella lotta della foglia per non essere strappata dal vento c’è l’eterno conflitto dell’uomo, il suo attaccamento alla vita. Se morire è ineluttabile, non per questo bisogna vivere passivamente e arrendersi ad ogni avversità: “Tiene duro la foglia ancora verde, / rossa solo a macchie”. In certe im­magini, come quelle riferite alla vendemmia, ci sono confessioni che narrano di un contatto vivo con la terra e la campagna: i filari, le stagioni e le tante vicende, i sapori e gli odori, gli usi atavici come quello di pestare l’uva con i piedi scalzi, i quali, anche dopo un accurato lavaggio, conservano a lungo l’odore del mosto. C’è del narcisismo in questa poesia. La poetessa stessa si ottunde nella girandola delle sue parole, “Parole di mani e baci e sole, / di sale e spuma bagnata. / Parole di cuore, di anima e abbracci”. La stessa rugiada del mattino, anziché irrorarci e rinfrescarci, “ci riveste di parole”. E mentre, in genere, nell’amore, l’uno si proietta nell’altro ed è sempre l’altro l’oggetto d’attenzioni e di indagini, qui la poetessa, tra stupori e “battiti sconquassati e aritmati” del cuore, si accorge pure del proprio mutamento continuo, interiore ed esteriore, sorprendendosi “d’esser così bella”.
Aurora De Luca riesce sapientemente a fondere realtà e soggetti diversi. Si faccia caso, in Sottovoce, a “la spuma del sole”, in cui mare, cielo ed astro divengono un tutt’uno, pur conservando, ciascuno, la propria leggerezza di piuma.

Domenico Defelice