Angela Donna

Angela Donna è nata a Castellamonte, paese canavesano della ceramica e della musica, “nei giorni della merla”, il 29 gennaio 1953. Vive lavora e scrive a Torino. Fin dall’infanzia ha viaggiato per l’Italia, seguendo il padre ufficiale della Marina Militare, e conosce lontananze e ritorni.
La poesia e la scrittura la accompagnano da oltre trent’anni durante i quali è cresciuta in riconoscimenti in concorsi nazionali e in pubblicazioni tra cui: La malarecchia de la biribana (L’inquietudine di una birbante), Genesi, Torino 1991; Farfalle di Dio, idem 2004; Paese dell’anima. Racconti brevi, Giancarlo Zedde, Torino 2009; Gatta donata e i suoi fratelli, Genesi, Torino 2010; Salmi della notte. Dio del vero desiderio, Genesi, Torino 2010; Il poeta e la sua lucciola. La storia d’amore tra Lydia Natus e Clemente Rebora, ed. Stampa Alternativa, Viterbo 2013.
Alcuni scritti, poesie e articoli letterari sono usciti su riviste specializzate (Corrente Alternata, Ine/dito, Libri Nuovi, Angolo della poesia di Lo Specchio de La Stampa, Fili d’aquilone…) e in antologie: Biennale di Poesia di Alessandria 2010 e 2012, Poesia in Piemonte e Valle d’Aosta, puntoacapo editrice, Novi Ligure (AL) 2012, “Nuovi Salmi”, quaderni di CNTN, Palermo 2012; “Rosso da camera” e “La nudità dei fiori”, Giulio Perrone editore, Roma 2012 e 2013.
Ha ideato e recitato in performance, readinge spettacoli di poesia per Associazioni e Comuni della Regione. Conduce, dal 1996, i Laboratori di Scrittura Femminile presso il “Centro Donna” della VI Circoscrizione di Torino e fa parte della giuria del Concorso Nazionale “Le donne pensano le donne scrivono” del suddetto Centro Donna. È membro dell’Associazione culturale “2 Fiumi” di Torino.
Con “Le nuvole di Amherst – 10 poesie per Emily Dickinson – 1987-2012” ha vinto il Primo premio del 39° Premio letterario Casentino (Arezzo) consistente nella pubblicazione.
MINI ANTOLOGIA POETICA
da Gatta donata e i suoi fratelli, 2010
Chi dice di possedere un gatto
Chi dice di possedere un gatto e non ha un graffio: mente.
È stato terribile (inesperta) con la prima cucciola. Sono arrivata al punto di inventarmi un guantoparagraffi utilizzando guantoni da forno che prolungavo con analoga stoffa imbottita fino al gomito. Ho anche pensato di brevettarlo. Così potevo giocare con lei – voracissima e tenerissima – senza esser troppo sderenata e sanguinolenta.
I gatti sono felini. L’ho capito a mie spese. Ancora adesso strisce rossastrorosa creano piccole trame un po’ovunque sul mio corpo. Non ho imparato a difendermi abbastanza. Ma questo anche nella vita d’altra parte. L’arco perfetto di un’unghia di gatto si incista perfetto nel derma e fa un foro tenace. Subito dopo un ponfo rosso lievita per un paio di giorni e poi pian piano trascolora. Ma la traccia rimane segno indelebile d’amore. Mio verso la creatura a cui sacrifico vanità femminili.
E pensare che a guardarli e toccarli i cuscinetti dei polpastrelli paiono morbidi e inoffensivi. Chi direbbe che dentro – retrattili – contengono lame affilatissime. Se schiacci un poco sotto la zampa di un gatto le dita si allargano a raggiera e come un ventaglio fuoriescono le unghie perfette. Perfette armi di difesa-offesa e dunque di sopravvivenza.
I gatti perdono le unghie. Non lo sapevo. Perdono anche le vibrisse come qualsiasi altro pelo. Un baffo di gatto – se lo baci – porta fortuna. Come la zampa di coniglio? Così mi ha spergiurato Tecla che da adolescente costringeva tutti i suoi compagni di scuola a baciare il baffo del suo gatto Achille.
E se fosse vero?
sul letto
le dico:
io sono i tuoi fratellini
che hai perso
e gioco gioco
tra zampe e dentini
aguzzi
e unghiette retrattili
in soffici cuscini
lotto la lotta dei felini
morsi e graffi
che palle
i tuoi graffi e graffini e graffietti
e morsi dei denti non ancora perfetti
sulle mie estremità superiori e inferiori
dove lasciano segni rossastri e un po’ infetti…
che palle le tue spine retrattili in forma di rosa
dentro i cuscini delle zampe anteriori
issate su senza posa
negli scatti imprevisti
del felino sotteso alla gatta donata
ma anche sfrenata che è in te
che palle
Donata controluce
Donata – controluce – immobile sul davanzale della finestra.
Ieratica.
A volte le parole ti colpiscono come lame e lampi. La parola giusta squarcia su spazi infiniti di immagini rivelatrice dell’essenza delle cose*.
Sì. Ieratico sta al gatto come mistero sta alla morte.
E richiama lontane risonanze di sacro sacerdotale maestoso solenne dove si mescolano le nostre reminiscenze dell’Egitto lontano della dea Bastet donna con la testa di felino le sfingi i sacerdoti intenti alla mummificazione dei gatti adorati nella città di Bubasti intrisa dei profumi drogati d’erba gatta. Quando moriva un gatto in Egitto l’intera famiglia si rasava le sopracciglia in segno di lutto.
Maestà. Eleganza. Seduzione.
Berenice turchina – mollemente distesa sul cuscino del letto chiaro inebria l’occhio che corre a sete e vapori di harem di ginecei di hammam di atmosfere flessuose intrise di sensualità languidamente sottesa. O ancora alle grandi dive del cinema icone dell’immaginario collettivo. Quel femminile felino dove l’eros animale e corporeo è gioco mentale.
I gatti sono belli. Bellezza è termine banalizzato dal troppo uso. Eppure qui non può essere sostituito da altro. Sì. I gatti sono belli.
Ma anche l’ideale avvenenza ha un neo. Per il gatto sono gli sbadigli. Scomposti.
(* Emily Dickinson – la grande poetessa statunitense (Amherst, 10 dicembre 1830 – Amherst, 15 maggio 1886) – ha scritto una volta ad un amico “Ricordi, Joseph, quando io ero una ragazza dal cervello poco fine… l’idea che avevamo delle parole: erano cosucce da nulla, senza energia. Ora non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere. Ne esistono alcune di fronte alle quali mi inchino, stanno lì come un principe tra i lord… A volte ne scrivo una e la guardo, ne fisso la forma, i contorni fino a quando comincia a splendere e non c’è zaffiro al mondo che ne possa eguagliare la luce”. Quando leggo e rileggo questo brano mi viene sempre la pelle d’oca.)
c’era una volta una gatta
berenice
eterna cucciola
volata sulla luna
dal balcone
dopo appena un anno –
appena prima
della festa
del tuo compleanno
con me
berenice
spero che lassù
in cielo tu sia
felice tanto tanto
e per davvero
sincero angelo di pelo
per sempre rimpianto
da Salmi della notte dio del vero desiderio (2010)
di dio
ho creduto a dei e santi
ho pregato e poi pregato
battuto il capo sul pavimento
ho riso allegra
sragionando amore
ho implorato di tutto cuore
padri e madri
terreni o eterei
nel firmamento
vento
respiro di dio
amen amin om aum
suono verbo creazione
spirito santo
ho pianto
ho imprecato
ho delirato
ho chiesto aiuto
ho taciuto
ho urlato
ho infranto
ogni umana dignità
ho aspettato
fede speranza e carità
di dio
ma
io sola
senza seme e
senza senso
spento
ogni moto
motivo
motivazione
disperata
ribelle
nelle tue mani
dio
di
vendetta e dolore
senza amore
orazione
dio della nostra assenza
dio dell’impotenza
dio del silenzio
dio del nostro deserto
dio del mistero
dio del vero desiderio
dio della morte
dio del declino
dio del nostro destino
dio pieno dio vuoto
dio rincorso
dio sordo
dio muto
dio assoluto
dio dannato
dio non nato
dio perduto
dio solo
dio del limite oscuro
dio puro
dio riposto
dio nostro
dio di tutta quanta la follia
dio che va via
dio della sorte
dio di ventura
dio che ha paura
dio privo
dio senza
dio dell’angoscia futura
dio di sciagura
dio urlato
dio non amato
dio vento
dio pregato a stento
dio creato
e creatura
dio soltanto
dio non so quanto
dio di fango
dio nel fondo
dio bigotto
dio lì sotto
dio del nero
dio quasi vero
dio di dentro
e dio di fuori
dio senza valori
dio bucato
dio sempre malato
dio senza ragioni
dio stremato
dio senza peccato
dio perdonato
dio del nostro perdono
dio senza suono